Scritto da © Anonimo - Dom, 15/11/2009 - 17:26
Il giorno in cui la Luna disse a tutti gli uomini, riunendoli sul suo trampolino d’argento disteso sul mare come un punto esclamativo di stupore, che non avrebbero più potuta averla a testimone dei loro amori più sensibili e potenti, fu di una atrocità bestiale. Fu un momento di lutto coinvolgente.
Il cielo restò nero e come assenti le stelle caddero in un silenzio complessivo; spensero le luci ogni sera e se ne andarono in altri cieli a parlottare.
Il sole ch’era atteso ogni mattina, smise di pergolare sopra il patio. Restava triste e come indolente lasciò che fosse poi la Terra a rotolare.
Gli uomini allora, e tra di loro i più giovani e superbi, presero a dirsi le ragioni di quell’oscuramento irreale. Finì persino a botte in qualche luogo ma poiché il buio era completo, qualcuno fece in tempo a rifiatare.
A nessuno venne in mente che la Luna in quanto donna aveva un cuore ampio ma delicato quanto un giovane papavero, né che i suoi crateri fossero intense piaghe di solitudine.
Furono allora le donne che da ogni villaggio materno della Terra si mossero come una sola grande volontà e raccolto ognuna un fiore notturno - che è un fiore candido con sette petali, foglie come mani levate al cielo e un profumo di calma e di purezza - si recarono nei punti d’acqua più vicini e lanciarono i fiori nella direzione presunta della spada d’argento che ogni sera la Luna sguainava in difesa dei giovani amanti.
Furono così tante che quel fiore sparì dalla Terra, pure se ognuna ne aveva colto uno soltanto.
Alla Luna non resse il rancore; calatasi in un unico gesto di marea, raccolse quegli omaggi e li tenne con sé, riprese il colore dal sole e da allora risplende come occhio amorevole in ogni universo della passione.
E di quei fiori cosa ne è stato?
Ebbene, se socchiudi gli occhi fino a far baciare le ciglia e la osservi quando risplende gioiosa, sono quei raggi i fiori notturni che riempiono di tenerezza il davanzale di ogni sguardo che a lei si vota.
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