Scritto da © ferdigiordano - Sab, 16/11/2013 - 12:15
Era da una fenditura sotto la rocca
che il tramonto, benigno nel calcare, rendeva
visitabili le grazie concesse dalla spiaggia.
Una tempesta rapidissima e violenta, tipica
degli ormoni nel circolo meridiano del corpo,
mi riempiva la bocca d’acqua e dava sui nervi la calma.
Erano, per ciò, tremanti i silenzi in seno alle case
e sfilacciata ogni parola nell’acronimo con la freccia,
scheggiata in basso, che poi venne per un verso segreto
cancellato dal sale.
Ancora nel posto sbagliato il sale copre le tracce
sulle torri costiere avanzate alle alghe,
fronte di tana, sulle tue ciglia fioriva.
Sui muri fioriva, sul sale sbocciavano spume,
come dai sassi, il mormorio dialettale.
Il messaggio andava attaccato al mare.
Altrimenti, legato alla risacca nel torace, nuotava a fatica
nel pendolo sbracciato, come solo le bottiglie sanno fare.
Evitava chiglie e maree con un’aria innata
nel riccio dell’onda che alza la cresta sulla sabbia.
La miniera dell’acqua ha troppi diamanti per negarli
ai mendicanti dell’afa, compiutamente osannanti.
Le gocce concitate stavano sulle spalle piazzate dei bagnanti,
ma mai furono il vortice necessario a schiantarmi
e solo per questo riconosco al mare il ventre di mia madre.
Nel tunnel della grande onda, vedevo la morte muscolosa
sollevarsi con indosso il tulle più morbido mentre inciampa
sul fondo e cade. Quanto più rotola tanto più diventa letale.
Mi faceva tremare mentre bucavo incolume
una parete di quel mondo ed uscivo nell’altro
con un messaggio per l’aria. Nessun uomo può entrare
nel mondo per due volte allo stesso modo. Questo dice il dio
delle squame e questo è anche per lui la porta sbarrata.
Questo sapevo e questo lasciavo mi portasse l’acqua.
In quel punto la corrente disegna un ombellico nel mare.
Il gorgo trae a sé la bottiglia, poi la spinge lontano, mi chiede
di ricordare: io lo ricordo adesso, così particolare
che potrei attraversarlo. Tanto reale che la bottiglia
appare in questa pagina con dentro il messaggio lanciato:
un naufragio ha fine dove l’approdo ti innalza.
(*) Licenzia poietica
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