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Imenotteri all’opera

 
Oggi parlerò alle formiche di come trattiamo
l’impianto della vista e benché non abbiano mani
subito apparirà loro chiaro e – spero – dimostrato
che quanto ci tocca è del tutto naturale, sia l’eccidio
delle suole sia la cura della scarpa. In mezzo,
ogni mezzo per ottenere almeno un visto dall’alto.
 
Stanno schierate come sulla piazza rossa muscoli
armati. Mi osservano con la diffidenza dei gatti
nelle scale: sanno che può sempre accadere
che il padrone è ratto a lasciarsi andare.
 
Ho timore che un gesto rapido scateni il panico.
Quindi: tono cadenzato, bocca slabbrata, baci
da vecchio imbonitore di chautaqua. Del resto
ho in mente l’argomento della razza: quanto
non si vede a distanza animale è una presenza
che può essere ignorata? Lo dico per l’anagrafe
universale, lo dico perchè ci è utile immaginarlo.
 
Va anche peggio. Se ne muove una, viene a me
un’onda sempre più alta. Con la lingua umetto
le labbra: la folla-risacca in preda al panico..
Quante volte ho notato che l’orizzontale è un approdo
mentre il verticale è percepito minaccia? Già non mi
vedevano di buon occhio per la legnosità della tesi,
però discutere talune ipotesi di prigionia genetica
rende la lingua
                        unica trave della libertà.
Viene dalla paura, credo, non se ne andrà
se urlo soltanto.
 
 

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