Scritto da © ferdigiordano - Dom, 06/11/2016 - 00:27
Giustifico l’ossessione delle scale
a comparire improvvise nei vicoli
strette, tanto che sono corrimani
una qualche razza di parete svelta.
Cinte di sicurezza addossate ai cubi
delle lave fredde, consunte, precipitate
senza squadro non ai piedi di questa
stanchezza, ma per stanche maglie
appese dall’uno all’altro fabbricato
in pietra. Spalle del mio paese celibe
per quei passeggi con l’andirivieni segreto
di chi si è tuffato nel tempo con la veste
da pernottamento. Quindi presenze
senza respiro, lucide fino ad essere luce,
acuta e trasparente, invisibili e tremende.
Fino a trovarli qui e non nei fotogrammi
di ceramica dei cammei, tuffati nel seno
con la pietra al collo, a picco dove ha senso.
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