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Di che mi resta

 
Un uomo non è quanto racconta
e non è quello che ricordo: no, non lo sono,
e in certe processioni nemmeno il patrono
si salva dai tuoni. Un uomo
                        è una avvisaglia terribile
di ciò che sta per accadere, un rombo sordo
prima che si sollevi il suolo.
 
            E tu già alto che stranezza sei?
 
Nessuno nella mia famiglia ha occhi così distanti
da ciò che osserva. Devo pensarti altro
per scorgerti in me, secondo il mistero

             dell'anima,
liberi reperti, scuoti i dormienti.
 
                        Qui celebriamo
la bianca tibia meridiana: è il vespro
la sveglia della sera. Sotto la sedia
luglio si stende come un mese di pochi giorni
stremato da un lungo travaglio. Occhi puntati
                        nel corpo
solido che viene e non tiene
in sè che una sola ora di luce, poi
l’avvicendamento con le solite stelle.
 
            Ma tu vieni e puoi trattenerti,
            sali sulla tolda del ventre, liquidi a gesti
un mare di carezze, incagli la prora come si conviene
in secca: tu, banco di terra su cui verso,
isola che mi attribuisce la marea. 
 

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