Il talento | Lingua italiana | Fausto Raso | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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Il talento

Talento significa - come recitano i vocabolari - “ingegno”, “abilità”, “bravura”, “inclinazione per qualche attività o arte”, “intelligenza”. Bene, diranno gli amici blogghisti: e con questo? Forse che non lo sapevamo? Certamente. Forse non tutti sanno, però, che il talento, in origine, era una bilancia. Vediamo, quindi, cosa ha che fare la bilancia con il talento nell’accezione attuale di “abilità” e simili. Vediamo, insomma, come è nato il... talento. Occorre prendere il discorso alla lontana e rifarsi al greco “tàlanton”, che significa, per l’appunto, bilancia. Come accade sempre in tutte le lingue, il “tàlanton” - con il trascorrere del tempo - acquisí un significato estensivo e passò a indicare anche il peso che si metteva sulla bilancia. Dall’idea di peso - sempre per estensione - lo stesso termine passò, un bel giorno, a indicare l’oggetto pesato e infine la maggior moneta pesata in quanto il valore delle monete era determinato dal peso effettivo del metallo. E siamo giunti, cosí, al talento nel significato di moneta. Ancora un passo, di secoli però, e arriviamo al talento nell’accezione di “ingegno”, “capacità intellettuale”, che il termine ha acquisito - nell’uso metaforico - grazie al Vangelo di Matteo (XXV, 14-30, la parabola ‘dei talenti’): “Avverrà come di un uomo il quale sul punto di mettersi in viaggio chiamò i suoi servi e consegnò loro tutti i suoi beni. A uno dette cinque talenti, a un altro due, a un terzo uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e poi partí”. Sappiamo benissimo come andò a finire: solo i primi due seppero come far fruttare i talenti (monete), il terzo se lo tenne in tasca senza farne nulla. Quando il padrone tornò ebbe parole lusinghiere per i primi due e di rimprovero per il terzo, togliendogli anche il talento che gli aveva dato in quanto “a chi ha sarà dato di piú, e egli sarà in abbondanza, ma a chi non ha sarà tolto anche quel poco che ha”. È evidente che nella parabola di Marco i doni stanno a indicare i doni elargiti dall’Onnipotente, doni che si moltiplicheranno in tutti quelli che sapranno farne buon uso; rimarranno, invece, “sterili” in coloro che tale uso non sapranno farne. È altresí evidente, però, che nella predetta parabola il talento ha anche, e forse soprattutto, il significato metaforico di “capacità intellettuale”, “abilità”, “ingegno” che, come dice il Manzoni, “imprime una forma durevole anche alle cose che non avrebbero per sé ragion di non durare”.
 
Fausto Raso
 
 
 

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