Scritto da © erremmeccì - Dom, 07/10/2012 - 13:38
Avevo poco più di vent’anni
e mia madre l’età
che ora segna i miei giorni,
quando insieme partimmo
alla volta della meta
desiderata:
radici erano
per lei,
per me
un sogno
che diventava vero,
mura ciclopiche,
colonne antiche di secoli,
mistero di boschi
abitati da oracoli e dei ...
La Grecia
ci accolse,
arroventata dal sole
d’agosto,
così simile
nell’asprezza dei paesaggi
ai luoghi che avevamo
appena lasciati.
Oscuro,
reverenziale timore
s’impossessò di me
quando oltrepassai la gigantesca
Porta dei Leoni
ed anche
quando salii fino al santuario
del dio dall’arco infallibile,
fra le balze montane di Delfi.
Bianchissime
si stagliavano -
ricordo - le colonne
del tempio di Poseidone,
nell’azzurro di un cielo
di un mare
fra loro indistinguibili
a Capo Sunio.
Suprema esperienza dell’io
fu l’incontro
coll’erto bastione roccioso,
l’antica acropoli,
che domina Atene
e l’Attica
e il mondo:
i sacri edifici innalzati
alle divinità del luogo
erano
quel giorno
sferzati da un vento
caldo,
che nugoli sollevava
di polvere
e li sbatteva in faccia
alla gente
(quanta gente,
davanti al Partenone
a metà di un bianco mattino
d'estate
di trent’anni fa ...!)
Sorrido
nella foto che ha fermato
quegli attimi,
il capo avvolto
nel folkloristico fazzoletto
con le monetine
cucite all’orlo.
Le forme
sullo sfondo
-indimenticabili-
di uno spirito
fattosi pietra,
armonia,
bellezza.
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