Inverno: febbraio, in prossimità del mio compleanno.
Sto leggendo- “La luna e i falò” di Pavese, se ben ricordo- e, posati per un momento gli occhiali, mi guardo intorno...
Nel cerchio di luce proiettato sulla parete dalla lampada, gli acquerelli dell’artista di strada- una slovacca, Blanka- acquistati a Montmartre, la prima volta che andammo a Parigi; la stampa inglese col veliero in un porto tempestoso- ammiccava dalla vetrina di un negozio di Piazza Navona, un inverno di vent’anni fa- e quella dal passe-partout grigio- Paris, Imp. Lemercier, si legge in basso-che tanto ci piacque, nel negozio d’antiquariato di Madonna di Campiglio…Ricordi di viaggio, di un tempo che sfuma fra le lusinghe della nostalgia.
Accanto a me, sul tavolino di cristallo, fra gli orologi da tasca- tutti quanti segnano ore diverse- un microscopico volume dell’ “Inferno” dantesco; un altro- piccolissimo, con la copertina di pelle rossa- che mi portò dall’Inghilterra la figlia di mio fratello, un paio di anni fa: “Romeo and Juliet”, in english, of course! E ancora, “I dolori del giovane Werther”, un’ edizione dei primi del ‘900, regalo di un’amica (lo ricordo bene: è stato per la presentazione della mia silloge di poesie, due anni fa!); e una piccola istantanea in cornice (ho gli occhiali da sole e…vediamo, sì, undici anni di meno), che parla di una vacanza passata, la meno bella, offuscata da un lutto improvviso.
Non è vero che gli oggetti non hanno un’anima: la cassapanca su cui ho raccolto un po’ dei miei libri , piattini a découpage e un vaso dai colori vivi dell’estate, ricordo di una delle tante passeggiate a Taormina, custodiva – cento anni fa- il corredo della mia nonna greca: quella nonna che non ho mai conosciuto, della quale ho lo stesso sguardo grigio-verde, che una foto in seppia mi rimanda.
No, non è vero che gli oggetti non hanno un’anima ...
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