Un tempo non facevo domande, non ponevo dubbi nè ottenevo risposte.
Non mi importava se la luna era oscurata o se mi osservava malinconica, non facevo caso ad un fiore sul bordo del marciapiede.
Non avevo ancora imparato a contemplare i piccoli miracoli, di cui t'accorgi solo se ti vengono negati, o se cominci a rallentare. Rallentare, andare avanti più piano, dando importanza ai dettagli.
Perchè il Mondo è un dettaglio, un piccolo, superfluo, colorato puntino in una galassia di stelle, tutte pronte a combattere per brillare.
Quando cominci ad aprire gli occhi, in genere è tardi. Ma infondo tardi o presto, che importa? L'importante è quell'attimo, in cui le tue palpebre si aprono, come per la prima volta, pronte a vedere anche ciò che non c'è. Pronte a sorprendersi, ancora ed ancora.
E finchè riusciremo a provare della meraviglia, dello stupore, allora la vita non cesserà di esistere.
Erano i tempi vuoti, bianchi, quelli in cui non mi soffermavo sulle piccole grandi cose. Erano i tempi in cui non mi conoscevo ancora.
Bisogna ammettere però che davvero era tutto poco complesso ed ogni attimo era una goccia non di speranza, ma di certezza nel domani. Una sicurezza che i giorni si sarebbero accatastati pacifici, placidi, quasi mansueti; senza sapere che ognuno di essi mi avrebbe arricchita o derubata, inesorabilmente.
Erano periodi nei quali ero spensierata. Guardando il cielo non mi chiedevo se quelle sagome nere, in alto, erano angeli o semplici volatili. E non badavo ai sussurri che il vento urlava, nè cercavo sott'acqua profumi proibiti.
Io vivevo e basta.
Poi è successa una cosa strana: sei arrivato tu.
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