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15- concorso anonimo - "di chi sono questi anni? (ché io mica me li sento, li conto solo)"

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Il posto aveva un'aria assai modesta. Uno di quegli alberghetti che lui conosceva molto bene, a causa del suo lavoro. Però il tizio alla reception era burbero ed altezzoso, anche troppo, dato il luogo. Nonostante il concierge fosse lì a questionare da tempo, non pareva
dare segni di stanchezza o cedimenti. Tanto che lui, cliente, non riuscendo a venire a capo della faccenda, stava per gettare la spugna. Ad un tratto, preso da un impeto di disperazione, il disgraziato, provò a fare un ultimo assalto:
-Ne è proprio sicuro?- Chiese con voce più ferma che gli riuscì.
-Certo- Rispose il portiere con calma olimpica.
-Controlli bene.
-No sbaglio mai.
-La prego.
-Così stan le cose.
-Non è possibile: secondo i miei calcoli non ci sono ancora.
-Invece lei c'è sì: i suoi calcoli sono sbagliati.
- Ricordo bene tutto ciò che ho fatto e i tempi impiegati. Persino le pause ho in mente precise. Potrei elencarle una per una. Dovreste tenerne conto!
-Per nessuna ragione al mondo: nel suo capitolo ci sono molte sottostime e cifre omesse, non si sa  se volontarie o meno. Ma lasciamo perdere.
-Mente! Lei mette in discussione la mia metodicità e precisione!
-Dovrebbe essere più modesto lei.-Scappò detto al portiere con un certo risentimento.
-E lei meno altezzoso.- Ribattè il cliente.
-Come meglio crede.
-Cosa ne pensa di questa tabella allora?
-Irrilevante.
-Non mi rassegno io!
-Deve lasciare la stanza.-Tornò ad incalzarlo il receptionist.
-Non ne sono convinto.
-Si guardi allo specchio - disse il concierge, estraendo uno specchio da sotto il bancone. L'uomo ci si specchiò con aria tra il perplesso e l'infastidito. Gli sembrava ingeneroso. Però dovette convenire che l'incarnito, le rughe, il viso scavato e la visione di se stesso che gli sovvenne in quell'attimo, mentre al mattino si rivestiva, degli arti prosciugati, rinsecchiti e del ventre rilassato, non deponevano di certo in suo favore. Ma lo stesso non si diede per vinto:
-Ecco, vede questi occhi?- Gli venne da dire- guardi come sono vivi e che bagliori mandano...
-Fosse tutto quì! ... Non bastano: deve lasciarci la stanza.
- Nemmeno un giovane li ha così vispi e scintillanti.
-Capisco. E' umano. Non ci si rassegna facilmente. Però, mi creda, fuori di qui è tutta un'altra storia. Non se ne pentirà.
-Ma lei mi sta caricando di una quantità di anni della quale io non riesco proprio a darmi conto. Lei ed il suo specchio maligno siete davvero insopportabili.
Il tale dietro il bancone tamburellò con le dita sul legno massiccio. Stava per spazientirsi sul serio. Però, ancora una volta si trattenne: 
-Deve andarsene, potrebbe succederle di peggio.
L'uomo, rassegnato infine, si avviò per uscire dal locale. Ma, prima di ruotare la maniglia della porta ed aprire, si girò, e per l'ennesima volta: -Non c'è giustizia nel dover lasciare quando il peso degli anni non ce lo si sente per nulla.
-Tutti così dite -rispose il receptionist di rimando, scocciato sul serio, ponendo con sollievo il timbro sulla scheda che metteva fine al soggioro dell'uomo in quel posto. Facendo spallucce al rimbombo della porta, sbattuta con forza, alle proprie spalle dal malcapitato.
Al mattino, i colpi dei pompieri contro l'uscio, non lo svegliarono nemmeno. Al fracasso di tutta quella gente che gli entrava in stanza, non fece una piega. Il medico dell'ambulanza, vedendolo a letto stecchito, gli abbassò le palpere con un gesto spontaneo di pietà: oscurando quello sguardo che faceva sembrare così vivo il volto dell'uomo, nonostante, a quel che pareva, doveva essere morto da diverse settimane. E mummificato nel suo letto era, di persona anziana e sola. Uno dei tanti che, ogni anno, lasciavano inosservati e in gran silenzio il mondo dei vivi. 
 
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