Scritto da © Franco Pucci - Mar, 08/11/2011 - 18:34
Sorridevo perso in un lembo di cielo grigio
come una ruvida coperta stesa ad asciugare
sul davanzale di quest’autunno imbronciato
e zuppo di lacrime che lassù affogava l’anima.
Seguivo affascinato le evoluzioni militaresche
di uno stormo di rondini in assetto migratorio,
quando il profumo del tabacco di una sigaretta
ammaliò i miei sensi catturandone le intenzioni.
Accanto a me un giovane interrogava lo sguardo
con la sfrontatezza di chi conosce l’alfabeto
della vita e ne ha visitato ogni vicolo, ogni anfratto,
il lampo ironico dei suoi occhi feriva l’anima.
Non risposi alla provocazione solo la malinconia
arrivò improvvisa e guardandolo m’interrogai: a chi?
A chi lasciare il posto sulla coffa del veliero
se non vi sono più occhi bambini capaci di stupore?
Piccoli uomini nati già imparati e cresciuti nell’agio
del tutto già visto, conosciuto e preconfezionato,
con le risposte già pronte alle domande della vita.
Incapaci di comprendere che il sapere senza l’amore
è come un cane affamato che si rincorre tondo tondo
mordendosi voracemente la coda sino a divorarsi.
Rimarrà solo l’eco scheletrico di zanne fameliche
e un lembo di cielo grigio zuppo di lacrime ingoiate.
…tragica sindone dell’ingordigia umana…
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