Scritto da © Stefania Stravato - Mer, 06/06/2012 - 14:08
chissà se mi vedrai
quando passerò per altri venti,
inarcata ad est
troppo lontana dalle terre di Dio
mi riconoscerai, malgrado i tuoi occhi ciechi
e la mia veste di pioggia, chissà
forse nella solitudine imperfetta
di una fuga d'ombra
a disseminare chiarezze, e passaggi
tra le radici della neve nera
che il dolore non è dimenticanza
ma l'imperio di un nervo antico,
che tende la punta del petto
e mi scaglia ancora
oltre
così, sottile più dell'orofino
o il migliore dei soffi,
quel fossile di felci sulle ossa
trema il graffio e
mi trattiene
il suo segno sottopelle,
alla disperazione di questo volo.
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