Scritto da © Charles Cros - Dom, 04/10/2015 - 12:58
Le cose non vanno mai come vorremmo e questo male condiviso, vale un po’ per tutti noi terrestri. Ma la vita ha anche tanti aspetti crudeli che spesso erroneamente diventano il pardigma del fallimento umano. Tanti anni fa, avevo una amico che fra il serio e il faceto mi disse “per quanto profondo sia il pozzo dove sei finito, ci sarà sempre qualcuno che dall’alto ti lancerà una pala per obbligarti a scavare”. Chissà forse, un giorno, qualcuno vedrà davvero le cose cambiare. Chissà forse invece la chiave delle cose è capire che domani qualsiasi cosa accada, ci sarà sempre un nuovo giorno. Niente però può levarci dalla realtà del momento che stiamo vivendo, così come accadeva al povero Victor che, raggiunta la cucina soggiorno, fu preso dal terrore. Ebbe un violento attacco di panico pensando che davvero quella era la fine della sua storia. Fece un passo indietro e cadde, inciampando nella totale indifferenza dell’ospite che distratto guardava con attenzione gli archi di luce ambrati del vino mesciato sul bicchiere. Tutto era ostile in quella stanza anche Moby1, il suo automa casalingo, che fermo nella posizione di ricarica osservava silenzioso il dramma.
Rialzandosi gridò un inconsulto “Chi cazzo sei?” mentre tentava di impugnare un coltello serramanico.
“Nah… Nah… Lei è poco gentile con gli ospiti… stia attento però...”
L’avvertimento svelò così l’occulta minaccia percepita sin dall’inizio. Victor vide infatti del movimento nell’oscurità e non ci volle molto per capire che l’inatteso l’ospite non era solo. Gli occhi di due droni antropomorfi si illuminarono e sentì distintamente il rumore di innesco dei phaser. Sembrava proprio che nessuno avesse voglia di scherzare e le cose non si rivelarono peggio delle premesse. Uno dei robot con un balzo felino superò il tavolo centrale e salì sopra la vetrina laterale. L’altro si spostò lungo il muro dall’altra parte della stanza per controllare l’eventuale via di fuga. Victor nel frattempo era tenuto sotto mira da una ventina di punti laser che scandagliavano il corpo.
“Su faccia il bravo. Venga si sieda. Io e lei dobbiamo parlare”
La composta pacatezza dell’ospite destabilizzava Victor mentre goffamente tentava di sedersi. L’innominatò prese la bottiglia e versò un po' di vino offrendolo al padrone di casa, nel tentativo di metterlo a suo agio. Victor volse invece lo sguardo distratto dal luccichio del pavimento. Erano solo i riflessi di vetro in frantumi e vide la finestra laterale divelta, evidentemente era entrato da lì assieme a queste macchine volanti. Maledetti droni.
“Lei sicuramente si sta facendo troppe di domande. Se questo può tranquilizzarla le voglio subito dire che non è in pericolo di vita. Non per il momento spero.”
“Siete della NCSA vero ?”
“Diciamo… come posso spiegarle… no non sono della NCSA.”
Non capiva se questo poteva essere un bene o un male ma non fece in tempo a dedurlo.
“Veniamo a noi...”
“E veniamo…” Victor sembrava adesso riuscire a razionalizzare la situazione.
“Devo farle una piccola premessa. Finita questa conversazione, le nostre vite cambieranno, se ne faccia una ragione. Sono in ballo interessi molto più grandi dei nostri che nemmeno io conosco al completo. Più che altro le chiedo di non sottovalutare quello che le sto per dirle. Intesi ?”
Victor fece un cenno di assenso, mentre la sua fronte era di nuovo imperlata di sudore.
“Ottimo. Me lo avevano detto che lei era ragionevole… Bene iniziamo.”
Così l'innominato iniziò la storia.
“Sono quì per nome di una azienda che..."
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