Parte Sei, Edizione Italiana
Era notte e dalle tende, entrava il lieve chiarore della luce lunare. Il silenzio nella stanza era oppressivo. Rose si sentiva impotente di fronte ai fatti che erano avvenuti il giorno precedente e non aveva ancor chiuso occhio. Il suo pensiero ritornava all’improvvisa apparizione di Frederic, che non le dava pace.
Era da molti anni, che non si era trovava davanti a quella forma di panico spirituale, che la rendeva apprensiva per il suo domani. Alzò lo sguardo alle lancette fosforescenti dell’orologio posto sul comodino. “Che notte maledetta, e non sono nemmeno le due…” Penso`.
Si recò in cucina, dove preparò un caffè odoroso e forte, nel modo che più le piaceva. Poi,
riempita una larga tazza fumante, andò a sedersi alla sua finestra preferita da dove dominava la vista dell’intera città.
In distanza, la luna splendeva sopra il mare aperto, dove s’intravvedevano all’ancora sette navi di carico, tutte ancorate al di fuori delle strutture portuali. Danzavano mollemente, sulle acque tormentate dalla risacca, attendendo il loro turno di entrare e attraccare al molo delle acciaierie, per scaricare il loro carico di carbone e minerali di ferro.
In quell’ora notturna, la città era calma e sonnolenta. Solamente nel più lontano punto era visibile la frenetica attività degli alti forni. Quest’area era illuminata a giorno con potenti lampade poste su alti tralicci di ferro, e tra il biancore della luce s’innalzavano vapori mescolati a lingue rossastre, causate dal calore enorme del metallo incandescente che spillava entro i giganteschi contenitori in attesa.
Al porto, che si trovava alquanto più vicino, si notavano i primi segni del risveglio. Luci e movimenti provenivano dell’area ove erano stipati i contenitori, quelli da stivare sopra ai ponti delle navi in partenza, e quegli altri invece da scaricare dalle navi cargo in arrivo. L’inizio di queste imminenti attività del nuovo giorno si presentava sonnolente, ma presto, con lo schiarir del giorno, si sarebbero ridestate le attività di lavoro, fino a raggiungere l’usuale frenetica vita di quella città industriale.
Seduta su balcone Rose guardava la città, senza però essere compartecipe dell’andamento degli eventi. Il suo pensiero era assorbito da fatti personali più intimi e recenti.
Si rivedeva assieme a Angelo alcuni anni prima, quando la prima volta decisero di vivere in quell’area residenziale. Pensò che quell’idea fosse unicamente di Angelo, il voler comprare quella casa signorile, troneggiante sull’alto di quel colle che dominava il luogo. Da un lato, fronteggiava sopra l’oceano, aperto e immenso, mentre il versante opposto dominava sopra l’intera città.
Ricordò quella loro prima visita. A un tratto, si rivide assieme a Angelo che la stringeva teneramente a se, dicendole; “E` tempo che mi ritiri dalla vita lavorativa, e che mi dedichi interamente alle mie passioni. Voglio vivere quassù assieme a te i miei ultimi giorni di pace e felicità. Questo è il posto ideale, guardati all’intorno, Rose. Guarda come tutto è risplendente di gioia.”
“Si, mi piace il luogo, pieno di luce e con il fascino proveniente dall’oceano. La spiaggia sottostante è invitante, e mi piace l’odore pungente della salsedine che si sparge propagandosi ovunque, dopo che le alte onde si sono infrante con alti spruzzi contro gli scogli.”
“Si, Rose. Questo e il punto più elevato della città. Nota come gli strapiombi precipitano sopra la scogliera sottostante. E` là, dove l’oceano si rompe rumorosamente sopra le rocce, per poi degradare gentilmente sopra la vicina spiaggia di Bar Beach.
“Guarda poi in alto, verso il cielo. Vedrai appesi lassù strani uccelli, vestiti nei variopinti colori dell’arcobaleno. Se guardi bene noterai che sono null’altro che esseri umani, che si librano leggeri nell’aria per ore intere, con i loro alianti. Belli, sono veramente superbi! Se solo avessi vent’anni di meno, come vorrei imitarli. E` in questo luogo, mia cara Rose, dove costruiremo il nostro nido di felicità.”
Questo era il modo come Rose ricordava i giorni felici trascorsi assieme al suo uomo. Erano trascorsi quindici anni da quel primo giorno… Si, ora più che mai sentiva nostalgica di lui. Poi la sua vita cambiò repentinamente con il sopraggiungere della lunga malattia di Angelo che alla fine stroncò il suo forte spirito.
Dopo la sua morte non volle lasciare quel luogo. Lassù vi erano troppe buone memorie per lei. Ricordò che fu durante quegli anni, che senza pensarci, trovò di essersi veramente innamorata di lui. Ora ne sentiva la mancanza.
Erano troppi buoni i ricordi per lasciare quel luogo. Ora nelle lunghe notti insonni pensava spesso ad Angelo e di come fosse sempre stato leale con lei. Mai una domanda sulla sua vita passata e della sua famiglia in quel paese Carnico da dove proveniva. Forse Angelo sospettava qualcosa, ma lui gentiluomo, mai venne meno alle sue promesse e mai pose una domanda, sebbene minima di come fossero quei giorni lontani.
Questa la ragione principale per cui Rose viveva in quella casa. Non poteva abbandonare il loro nido, dove l’amore era sbocciato, e dove erano ancor vive le memorie di quel marito, che a volte le fu pure padre, sempre dandole consigli sinceri.
Ora quella casa sembrava troppo grande. Si era ben resa conto di ciò, ma sapeva pure che in tutto il vicinato non esisteva altra abitazione che la potesse uguagliare. Il suo nido era l’unico luogo dove si sentisse libera dal mondo circostante e lì si sentisse indisturbata. Qui la sua vita scorreva nel modo che a lei più piaceva, con tutte le buone memorie e dove ancora sentiva il profumo di lui. Tutto, tra queste mura, le ricordavano i giorni passati assieme. Cose semplici, che esistevano tra loro. Oggi erano presenti i ricordi che si erano affiorati nel vedere le sue canne da pesca, e anche quell’infinità di ami attaccati sopra il suo largo cappello. Lo sentiva insistere che quelli erano ami magici necessari per pescare grossi brims e sneppars…
Si, quel luogo le era caro tutt’oggi, dove poteva in pace analizzare, senza alcun timore anche quei fatti improvvisi e recenti, di come Ludovic era rientrato prepotentemente nella sua vita.
Sapeva quante lotte interiori e quanti sacrifici le erano costati per raggiungere quella serenità spirituale e sì, pure il benessere finanziario. Avrebbe lottato con tutte le sue forze per salvaguardare quei benefici contro tutto e tutti, specialmente Il Comandante!
Non voleva che l’andamento della sua vita ne venisse a soffrire. Per creare quello scorrere gentile della sua vita, fu necessario molto tempo. Erano come anelli capaci di unire il giorno precedente a quello successivo, con il semplice ripetersi delle stesse azioni vincolate dallo stesso ritmo. Nulla, nello scorrere degli anni, era stato diverso. Tutto si era mantenuto regolato da quel preciso movimento, instaurato dal suo orologio biologico. Abitudini vecchie che erano state iniziate assieme a lui, il suo Angelo.
Si rivedeva assieme a lui nelle corse mattutine sulla spiaggia, là dove muoiono le onde. Oppure, erano quei tardi pomeriggi, quando andavano in Edward Park. Era un luogo vicino e dove si poteva ammirare le aiuole fiorite, curate con maestria per dar diletto ai visitatori. Era qui che durante i giorni festivi venivano a esibirsi le bande musicali, intrattenendo i curiosi con la musica di trombe e di tamburi… Molti l’ascoltavano, seduti sulle molte panchine per dar riposo ai visitatori.
Da questo punto, la passeggiata continuava, discendendo rapidamente verso l’oceano. Questo era il luogo pieno di storia, la più antica per il luogo, che ribalzava all’indietro, al tempo in cui arrivarono i primi convitti e quei pochi colonizzatori che crearono la città.
Rose, col passar del tempo, era venuta ad amare questo luogo che presentava ancora l’ardua fatica di quei galeotti, che a colpi di piccone e scalpello avevano intagliato nella pietra viva, quella piscina incastrata tra rocce sdrucciolevoli, bagnate dalle onde marine. Un enorme lavoro che durò anni, unicamente per il piacere del Governatore locale. Tutto questo era attestato nella lapide posta sul luogo. Avvenne poco più di duecento anni prima, sotto l’infinita rassegnazione dei galeotti. Mai essi ebbero l’ardire di ribellarsi di fronte al duro lavoro imposto dalle poche Giacche Rosse, indomiti rappresentanti di Sua Maestà, l’Imperatore Britannico.
Rose aveva iniziato a apprezzare questa atmosfera assieme a Angelo e ora gliene era grata. Quelle lunghe camminate assieme furono gli esercizi necessari per mantenersi giovane. Quello era il suo segreto nell’aver conservato sino a oggi un corpo grazioso e prestante che alla sua età non aveva nulla in meno delle grazie giovanili.
Ancor oggi, sebbene fosse sola, non dimenticava di compiere quelle lunghe camminate, continuava mentre il suo oggi diveniva ieri, tenendo un caro ricordo di lui. Quanto mai sentiva la sua mancanza.
Angelo, come molti dei suoi compatrioti, era sempre stato di poche parole, ma ugualmente fu capace di dimostrarle il suo amore con mille piccole cose e pensieri. Oggi Rose, poteva maggiormente riconoscere di quanto l’avesse amata. Pensava che Angelo fu per lei un buon marito, e che mai vi fu un compianto da parte sua per aver accettato di sposarlo.
Dopo il matrimonio, per lunghi anni lavorarono di buon accordo e assieme avevano forgiato il loro solido futuro.
Angelo scegliendo lei seppe creare sicurezza nella loro vita matrimoniale. Lei non fu di meno, dimostrandosi una brava moglie. Nei lunghi anni assieme vi furono unicamente piccoli screzi, tra cui l’impossibilità di donargli quel figlio maschio da lui tanto desiderato. Fortunatamente gli aveva dato una figlia. Fu al tempo della nascita di Graziella che i dottori dissero che fu un miracolo l’averli salvati entrambi da quel parto difficile. Quella figlia fu il grande dono per entrambi. Oggi, pure Graziella, era divenuta madre ed era felice. Ciò era quanto le bastava per colmare i vuoti della sua vita solitaria.
Rose concluse questa visione meditativa con;
“E vero che desideri sia fatta giustizia e che Ludovic venga incolpato per quei delitti del passato. Ugualmente non voglio che la mia vita attuale ne abbia a soffrire. Assolutamente il corso della mia vita deve mantenersi entro il solco in cui scorre ora. Questo è come desideri la mia vita debba continuare, quassù, in questo luogo dove ho conosciuto amore e felicità e dove le mie passioni sono state sodisfatte.
Nessuno, si proprio nessuno, deve interferire in ciò. Tantomeno la malefica ombra di Ludovic ha il diritto di dettar legge su di me e cercare di distruggere la bellezza della mia vita.”
~*~
Era giunto il fine settimana e normalmente quei giorni erano quelli considerati i migliori nella settimana di Rose, che usualmente li dedicava ai suoi hobbies. Purtroppo, ora non era possibile a causa dello stato emotivo in cui si trovava, si sentiva troppo preoccupata.
La notte era stata insonne i suoi occhi riflettevano l’ansietà con scure chiazze nerastre e rigonfi che attestavano la sua fatica. Sogni d’incubo e visioni del passato si erano susseguiti, tormentandola e demolendo la sua naturale resilienza alle avversità.
Sentiva di aver raggiunto il limite delle sopportazioni.
Il facile ciclo di vita che si ripeteva quasi con monotona successione sin dal giorno del suo arrivo a Wooloomeloo, era stato interrotto.
Mai si sarebbe aspettata che il fato le ponesse davanti il famigerato colonello, che era null’altro che il Comandante Tedesco di allora.
Rivedendolo, fu costretta a ripercorrere un lungo cammino all’indietro, ritornando la giovane Lucia quando ancora viveva in quel paese Carnico.
Uno sbalzo enorme, dove Rose ritornò a quella notte in cui perse la sua verginità a causa del padre.
Rivide quali fossero le ripercussioni crudeli sopra quella giovane fanciulla e le conseguenze, che furono tali, da mutare per sempre la sua vita.
………………………………………………(Leggete questo nel prossimo episodio.)
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