Scritto da © Bruno Magnolfi - Dom, 08/03/2015 - 19:38
Oggi tutto è difficile. I ragazzi stanno seduti, qualcuno scomposto, e quasi non parlano mentre con le facce lunghe si mostrano annoiati, o fingono di essere stanchi, svogliati, senza neppure la forza di parlare di un argomento diverso dalle solite stupidaggini. Il barista scuote la testa quando getta un'occhiata verso di loro in quell'angolo della saletta, e prosegue a sistemare tazze e bicchieri.
Non c’è niente di male, si dice, nello starsene immobili cercando di non cambiare una virgola di quello che siamo. Lui sta insieme con gli altri, e in serate così vorrebbe quasi andarsene da quel solito posto, tanto gli sembra ottuso perdere tempo in questa maniera. Ma il senso di appartenenza a quel gruppo fa in modo che proprio in quell’esatto momento in cui il suo pensiero è così negativo, lui si alzi, si scuota, dica: dobbiamo assolutamente fare qualcosa, ragazzi.
Gli altri lo guardano, lo valutano, poi lentamente, quasi rispondendo al richiamo ma per una specie di inerzia, iniziano ad alzarsi dalle sedie di plastica. Fuori la serata non è niente di speciale, da un lato della strada ci sono tutte le luci accese del loro paese, e dall'altro soltanto la campagna aperta con qualche casa isolata. Accendono i motorini e gli scooters, fanno tra loro qualche battuta, poi tutti in gruppo si avviano e finiscono in piazza, la piazza principale di quell’agglomerato di case, con le panchine e qualche cespuglio dentro le aiuole, e dove a quell’ora della serata si incrociano soltanto alcuni anziani che generalmente non hanno niente da fare.
Dobbiamo trovare uno scopo che ci porti fuori da questa palude, fa lui. Ci sarà pure qualcosa che ci fa schifo, contro la quale scagliarsi con tutte le forze che abbiamo. Dobbiamo scovare l'elemento che ci renda degli attori, dei personaggi della commedia, invece di subire tutto in questo stupido modo. Alcuni ridono, qualcuno accenna di sì con la testa, ma nessuno sa neppure vagamente dove quei discorsi possono andare a parare. Poi uno dice che è la politica la cosa peggiore di tutte, e gli altri dicono subito che è vero, che è così, e mentre molti sembrano essere d'accordo, lui dice soltanto che quello che devono fare adesso è inventarsi una semplice corrente d'opinione che faccia diventare vecchio e sorpassato quasi tutto il resto.
Si trova carta e matita, e si incomincia a scrivere e progettare cosa sia meglio fare nell’immediato. Una manifestazione, ecco quel che ci vuole, dice qualcuno. Scuotere questo paese senza spina dorsale, inventarsi una nuova bandiera, uno slogan, un ideale a cui andare dietro. Un paio di ragazzi si fa venire qualche altra idea, alcuni poi aggiungono qualcosa, e la data sembra già fissata: tutti in quel giorno deciso dovranno semplicemente sfilare lungo quella strada gridando qualcosa, si dice; qualcosa di forte, di estremamente spiazzante, che lasci di stucco anche chi, per evidente disinteresse, persino in un’occasione del genere non ha saputo far altro che restarsene a casa propria.
E’ il sindaco che fa schifo, dice lui, e gli altri scuotono la testa in segno di approvazione. Dobbiamo costringerlo alle dimissioni, la nostra manifestazione sarà contro di lui. Si cercano le parole giuste, le frasi più adatte, si pensa agli striscioni da approntare, le idee da gridare in un coro. Si annota tutto ciò che viene detto: qualsiasi idea nei giorni seguenti dovrà essere valutata con attenzione, ed intanto i ragazzi sembrano come elettrizzati, sono sicuri che in futuro potranno tenere in pugno le cose, dare una svolta decisa anche alla vita monotona della provincia.
Infine finiscono le loro birre e poi se ne vanno, ognuno a casa propria. L’appuntamento è per il giorno seguente: serviranno altre idee, e anche sostegno, condivisione, accordi con tutti. Lui è soddisfatto: qualcosa si sta muovendo qua attorno, pensa; in fondo non ci voleva poi molto.
Bruno Magnolfi
Oggi tutto è difficile. I ragazzi stanno seduti, qualcuno scomposto, e quasi non parlano mentre con le facce lunghe si mostrano annoiati, o fingono di essere stanchi, svogliati, senza neppure la forza di parlare di un argomento diverso dalle solite stupidaggini. Il barista scuote la testa quando getta un'occhiata verso di loro in quell'angolo della saletta, e prosegue a sistemare tazze e bicchieri.
Non c’è niente di male, si dice, nello starsene immobili cercando di non cambiare una virgola di quello che siamo. Lui sta insieme con gli altri, e in serate così vorrebbe quasi andarsene da quel solito posto, tanto gli sembra ottuso perdere tempo in questa maniera. Ma il senso di appartenenza a quel gruppo fa in modo che proprio in quell’esatto momento in cui il suo pensiero è così negativo, lui si alzi, si scuota, dica: dobbiamo assolutamente fare qualcosa, ragazzi.
Gli altri lo guardano, lo valutano, poi lentamente, quasi rispondendo al richiamo ma per una specie di inerzia, iniziano ad alzarsi dalle sedie di plastica. Fuori la serata non è niente di speciale, da un lato della strada ci sono tutte le luci accese del loro paese, e dall'altro soltanto la campagna aperta con qualche casa isolata. Accendono i motorini e gli scooters, fanno tra loro qualche battuta, poi tutti in gruppo si avviano e finiscono in piazza, la piazza principale di quell’agglomerato di case, con le panchine e qualche cespuglio dentro le aiuole, e dove a quell’ora della serata si incrociano soltanto alcuni anziani che generalmente non hanno niente da fare.
Dobbiamo trovare uno scopo che ci porti fuori da questa palude, fa lui. Ci sarà pure qualcosa che ci fa schifo, contro la quale scagliarsi con tutte le forze che abbiamo. Dobbiamo scovare l'elemento che ci renda degli attori, dei personaggi della commedia, invece di subire tutto in questo stupido modo. Alcuni ridono, qualcuno accenna di sì con la testa, ma nessuno sa neppure vagamente dove quei discorsi possono andare a parare. Poi uno dice che è la politica la cosa peggiore di tutte, e gli altri dicono subito che è vero, che è così, e mentre molti sembrano essere d'accordo, lui dice soltanto che quello che devono fare adesso è inventarsi una semplice corrente d'opinione che faccia diventare vecchio e sorpassato quasi tutto il resto.
Si trova carta e matita, e si incomincia a scrivere e progettare cosa sia meglio fare nell’immediato. Una manifestazione, ecco quel che ci vuole, dice qualcuno. Scuotere questo paese senza spina dorsale, inventarsi una nuova bandiera, uno slogan, un ideale a cui andare dietro. Un paio di ragazzi si fa venire qualche altra idea, alcuni poi aggiungono qualcosa, e la data sembra già fissata: tutti in quel giorno deciso dovranno semplicemente sfilare lungo quella strada gridando qualcosa, si dice; qualcosa di forte, di estremamente spiazzante, che lasci di stucco anche chi, per evidente disinteresse, persino in un’occasione del genere non ha saputo far altro che restarsene a casa propria.
E’ il sindaco che fa schifo, dice lui, e gli altri scuotono la testa in segno di approvazione. Dobbiamo costringerlo alle dimissioni, la nostra manifestazione sarà contro di lui. Si cercano le parole giuste, le frasi più adatte, si pensa agli striscioni da approntare, le idee da gridare in un coro. Si annota tutto ciò che viene detto: qualsiasi idea nei giorni seguenti dovrà essere valutata con attenzione, ed intanto i ragazzi sembrano come elettrizzati, sono sicuri che in futuro potranno tenere in pugno le cose, dare una svolta decisa anche alla vita monotona della provincia.
Infine finiscono le loro birre e poi se ne vanno, ognuno a casa propria. L’appuntamento è per il giorno seguente: serviranno altre idee, e anche sostegno, condivisione, accordi con tutti. Lui è soddisfatto: qualcosa si sta muovendo qua attorno, pensa; in fondo non ci voleva poi molto.
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