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Al, come albero

 
Lo chiamo Al, contrazione di albero, quel larice gigante che con un solo ramo fa da sipario alla mia finestra quando dal letto, volgo lo sguardo giù nel fondovalle. Lo chiamo così anche per via di S. Kubrick e il suo robot, perché parla con me da mattina a sera, però è un essere vivente. Una notte mi diceva che la tramontana, quel vento freddo che agita tutti i rami, forse danneggia un po' le nuove pigne, che anche l'anno scorso erano state poche per via del freddo.
Il peggio è ormai passato, la stagione non è stata gran che ma se n'è andata, le rane laggiù mandano richiami nella sera. Cercano a gran voce le compagne, il cuculo, l'upupa, la ghiandaia e quando il sole spacca, la cicala frinisce a più non posso. E Al, coi suoi rami smeraldo, nella brezza di scirocco che si leva intorno a mezzogiorno, mi dice:
. Ascolta questo...sono tre giorni che chiama, ma nessuna femmina s'è fatta viva.
. Povero “cicalo”, scherzo io, però se insiste è uno di carattere e qualcuna verrà, prima o dopo.
Poi dietro una folata più forte che fa frusciare ed agitare i rami...:
. Ho sentito i rintocchi stamattina, è morto quel bambino caduto giù da un albero. Lo conoscevo, sua madre era malata da tanto, poverina. Veniva ogni tanto qui sulla panchina verso sera, d'estate, a prendere il fresco. Giocava coi figli dicendogli quanto io fossi bello e forte, che loro da grandi sarebbero stati come me.
. Non ho mai visto il suo compagno, se l'aveva, e non ne ho mai sentito parlare. Chissà chi era.
. Uno che aveva fatto delle sciocchezze, dissi io, ora è in prigione giù in città e lei è rimasta qui presso la nonna di lui, con pochi mezzi, quell'orto e due capre da latte. Dicono che l'altro bambino lo porteranno via, la nonna è troppo vecchia per accudirlo e la mamma è sempre più grave.
. Da quando ho perso il mio, disse Al, quelli li sentivo come miei, tanto hanno giocato attorno al mio tronco e sulle mie radici.
. Avevi un figlio Al? Come sarebbe.
. Vedi, io facevo parte d'un boschetto di larici ch'era qui intorno fino a qualche anno fa. Prima che tagliassero tutto per farci queste buffe piccole case per gente di fuori che viene una volta l'anno. Avevano lasciato me, il più maestoso, come architettura di paesaggio e un giovane che poteva essere mio figlio, lì a venti metri da me e un brutto inverno di quelli che si ricordano a lungo per il freddo, in piena notte e con tanto di neve gelata, uno sconosciuto per farne legna, l'ha tagliato e portato via. Non lasciò nemmeno un ramo. Vedi là, dove c'è quel ceppo che sporge dal terreno.
E io a lui:
. Quel disperato che fece legna tagliando il giovane larice nei giardini, ne tagliava anche nei boschi non suoi per scaldare la famiglia e sbarcare il lunario vendendone una parte. Quel pover'uomo è in carcere, ed è il padre del bambino caduto giù dall'albero.
Stormiscono i rami, mi pare di cogliere un certo movimento che c'è soltanto quando soffia il vento e quel suono che mi piace tanto, ora pare un lamento. Son sceso a sedermi lì sulla panchina, lui mi copre come un grande ombrello, vedo gocce di resina per terra, altra ne cola lenta da una crepa.
Se fosse pianto non mi meraviglierei più di tanto.

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