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Giaciono

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Giaciono, là, sull'immensa schiena della mente, i gialli infuocati sabbiosi eppure ombreggiati da mani esperte. Pietrose pietà i rovi grigi musicati in spirali tifoniche da venti desertici: territori e territori di fauni e ninfe, di boschi e zampilli, di silenzi svettanti alle cime, tensioni alla luce di tronchi sottili, acerbi, di anelli robusti, di corse, di grida. di grugniti profondi, affanni del respiro. Invasi di piacere paludoso di una possessione che non ha a finire.
La levigatezza molle degli interni e il brunito scattante dei cavalli, gli zoccoli dei bronzi e dei centauri. Le loro cosce portanti scese come strapiombi giù fino alla gola di caviglie. Dita di figura aggraziata, resistente al fuoco dello smalto del sangue.
Sul rovescio dei corpi della natura che si offre, la serie dei verdi: inguini intricati a foreste, gonfi a fiumi, smeraldo a prati, bellicosi, teneramente, perdutamente lascivi di argille appena ricoperte e termitai: nettari ristoratori, essenza a gocce, di ventre puro.
E i rossi, i rossi terra fino al caolino del ritorno del popputo dei seni timidi di pesantezze non volute, spalmanti maturità sarcastiche, irridenti sfuggenti e prensili nei medesimi istanti, di una carezza soffocante: desiderio di una pre-infanzia gustativa epocale, quando tutto di noi, tutto il mondo che c'è intorno, è esclusive gelatine che ribollono.
Le stesse gelatine che tempo di decidersi contro Capo Horn, spartiranno le loro acque nei tramonti ascendenti all''irragiungibile celeste: precipitato del blu cupo dei destini di una gravità anch'essa non desiderata.
Là, dove la vita non fa feriti.
Difficile, come difficile, la costrizione del cerchio.
Sibilla come il vento forzato nelle fessure, i polmoni continuamente gonfi, il tragitto traverso dello sguardo, un'eresia di forma la piega del corpo, l'unto brillante che sguscia dall'immaginazione, il sacro degli ereticci toglie spessore ai tessuti, leviga la pelle di mani ruvide.
Contenitore di sguardi, penetrazioni, odori, rumori, sapori. La temperatura dei colori che dilata e il sibilo continuo,   

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