raccoglierò i fogli del passato
che leggerò ad uno ad uno,
prima di bruciarli.
Tra le dita,
ne terrò qualcuno
che avrà ancora futuro
e degli altri ne farò coriandoli
da lanciare a carnevale,
quando mi vestirò da pagliaccio,
per ridere delle sconfitte
che mi porto appresso.
Quando la neve saprà di pioggia,
in un bicchiere di foglie secche,
raccoglierò tutto il mare possibile,
per versarlo in una buca,
che si affaccia sull'oriente.
Ci metterò in ammollo i miei panni,
che laverò senza sapone,
perché mi rimanga addosso
l'odore di chi sono.
Li lascerò asciugare al sole nascente,
prima di arrampicarmi,
con l resti del mio coraggio,
sulle ore del mattino,
per salire alla radice del fiume,
da cui scorre il freddo
che annaffia la bocca che ha sete.
Lassù, in compagnia dei sogni,
liberi da fantasie e da lusinghe,
parlerò con il silenzio,
dormirò sui petali degli anemoni
e ballerò con le fate del bosco.
Lassù, seguirò il sentiero
che pone lo sguardo oltre il cielo,
dove non c'è un limite all'orizzonte
e il ritmo del passo è alto,
prima di divenire corto e lasso.
Mi riposerò, infine,
all'ombra di un falò di orologi
che scandiscono ore senza tempo
e di calendari con i giorni cancellati,
dove bisognerà essere lesti
a non avere fretta di mettere da parte
quello che non vuole entrare in testa.
Quando se ne andrà la sera,
veglierò sulla notte,
affinché non si svegli prima dell'alba.
Conterò le sue rughe,
pettinerò i suoi capelli
e la terrò lontana dai fantasmi
che vorranno farle paura.
Chiederò agli spiriti se sono silenti,
per non svelare i misteri,
oppure se sono muti,
perchè non c'è nessun arcano da scoprire.
Poi, camminerò, verso occidente,
a riempire di mare mosso
un altro bicchiere di foglie secche,
per bagnarmi le ferite
e sentire il bruciore delle cicatrici
se grideranno di essere vive.
E saprò se sono vivo anch'io.
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