Notte Santa | Lingua italiana | Antonio Cristoforo Rendola | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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Notte Santa

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Allora non guardavo i telegiornali, la televisione era di là da venire, non sentivo freddo, né caldo e tanto meno mi preoccupavo se ci fosse sole o pioggia, o vento o neve. Allora sognavo mondi lontani, terre inesplorate teatri di grandi avventure, nelle quali nessuno moriva mai, dove non c’era odio, dove non c’era fame. Ma i sogni, come si suol dire, muoiono all’alba, e la mia alba era che in casa soldini ce n’erano talmente pochi da dover rinunciare, non solo ai maggiori alimenti della mia fantasia (cinema e fumetti), ma spesso anche ai pasti quotidiani. Mi ricordo di una vigilia di Natale. La settimana prima, mio nonno che faceva l’ imbianchino non aveva lavorato, di conseguenza quella sera in casa non c’era di che mangiare. La nonna, seduta in disparte, mi guardava e piangeva; quella volta non aveva voglia di raccontare storie. Ad un tratto sulla soglia della porta comparve la signorina Carmelina, un’anziana zitella, vicina di casa, che viveva da sola. Aveva tra le mani un fumante piatto di capellini al burro:
- Signora Elisa, - disse- ne ho fatti un po’ di più per il bambino. Questo posso darvi e questo vi do…-
 
 
Notte Santa

 

“Dint’’a nuttata, la Madonna e San Giuseppe arrivarono a Betlemme…”

 
La nonna avvolse la prima forchettata di capellini e m’imboccò.
 
“Era ‘na nuttata umida e fredda, ma splendida, e in cielo brillavano mille stelle, e ci stava pure una luna piena che rischiarava il borgo, manco ci fosse la luce elettrica!
San Giuseppe disse: - Maria, sei stanca? – e la Madonna, preoccupandosi per l’anziano marito, rispose con un’altra domanda: - Giuseppe, lasso sei?-
La verità era che stavano stanchi tutti e due. Il viaggio era stato lungo, e mò tenevano sonno, fame e pure sete.”
 
-Tengo sete pure io…-  dissi, e la nonna mi diede da bere.
 
“Avvistarono un’osteria dalla quale sentivano provenire voci confuse, rumori di bicchieri e fiasche, risate e ammuina varia. San Giuseppe bussò alla porta, e venne ad aprire l’oste: un uomo grande e grosso, brutto come un orco e senza capelli, con un mantesino[1] addosso tutto ‘nzivato.[2]
- Chi siete? Che volete? – disse con voce roca.
- Siamo viandanti, un marito e una moglie incinta che sta per sgravare. Vorremmo del cibo e una stanza-
-  Potete pagare? -
- Posso lavorare, sono falegname…-
- Non mi occorrono falegnami.  Né cibo, né stanza!-
E chiuse loro la porta in faccia. Bussarono ad altre osterie ma dappertutto furono cacciati in malo modo. Giuseppe disse a Maria: - Marì, sposa mia, qua stiamo digiuni. Tengo nella saccoccia un pezzo di pane tosto che manco basta per due persone. Mangialo tu che hai bisogno di maggior nutrimento. E poi, il pane è duro e io non tango nemmanco i denti…-“
 
 
La seconda forchettata di capellini era piena di formaggio. Masticai ed ingoiai con appetito. Che buon sapore!
 
 
 “Faceva tanto freddo e le stelle brillavano nel cielo terso. L’aria era finissima e pungente. Giuseppe si levò il mantello tutto rattoppato che teneva addosso e lo poggiò sulle spalle di Maria.
 
 
Quel piatto di pasta fumante stava trasferendo in me, forchettata dopo forchettata, un calore che andava ben oltre quello fisico. Era un calore umano, dovuto alla generosità della nostra vicina che aveva diviso con me quel poco di pasta ed un pezzetto di burro che aveva.
 
 
“Cammina e cammina, i due sposi arrivarono ad una stalla. Maria stava ormai lì lì per partorire, così senza pensarci troppo, San Giuseppe la portò all’interno e la fece sdraiare sulla paglia. Alle loro spalle ci stava una mangiatoia con un bue e un asinello. Dopo qualche ora, Maria partorì un bel bambino, bianco come un giglio, con i capelli color del grano. Il neonato fu messo proprio nella mangiatoia e fu riscaldato dal fiato dei due animali. All’improvviso, fuori, in cielo,apparve una stella più luminosa delle altre: era una cometa seguita da una grande coda scintillante che pareva d’argento. Questa cometa annunciò al mondo che era nato il bambino Gesù, il figlio di Dio. Il miracolo si era compiuto!”
 
 
Avevo appena finito di mangiare, quando sulla porta comparve Gianni, un altro vicino di casa, padre di sette figli che, più di una volta, essendo anch’egli in precarie condizioni economiche, era stato aiutato dai miei nonni.
- Ho avuto dei soldi per un lavoro fatto in passato. – disse – Questa sera, domani e dopodomani siete tutti ospiti a pranzo in casa mia. -
Anche quello fu un miracolo!
 
 
[1] Grembiule.
[2] Unto.
 

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