Scritto da © Antonio Cristof... - Mar, 05/03/2013 - 16:30
Ed eccomi qua, sempre dietro "esort aziona" del professore Rendola che mi ha detto: - Don Save', voi che siete vecchio, parlateci dell'Antico Testamento. Come se io "tenessa" tremila anni! Hehehehe, no no...ne "tenco" di meno. Va buò, sorvoliamo subito su Adamo e Eva che, siccome erano sempre nudi, erano allupati dalla mattina alla sera e facettero 'na carretta di figli e tra questi Caino e Abele.
Chi si fosse trovato a passare per via Pietravalle ai Colli Aminei a Napoli, "avrebba"..."Avrebba"? Si è singolare, "avrebbe" è plurale. Dunque "avrebba" subito notato un piccolo supermercato a tre porte, con insegna luminosa: "I figli di Eva". Ebbene, si trattava di un negozio molto carino nel quale troneggiava appesa una scritta: “ Qui è vietato dire – puttana Eva- e dove Caino e Abele gestivano rispettivamente: uno il banco della macelleria e della salumeria (il pizzicagnolo, come dicono a Roma. A Napoli dicono il casanduoglio); l’altro quello della frutta e degli ortaggi (pummarole, puparuoli, ecc.).
Caino il macellaio, era, comme aggia dicere mo’? Un uomo che agiva di istinto. Era un “distintivo”. Era nu carattere difficile, sospettoso, “attaccapriche” e, crediteme a me, era ignorante. Ma tanto ignorante che ignorava perfino l’ignoranza.. Abele ,miei signò, era invece “struito”. Ello aveva “sturiato” e, dopo la licenza elementare, si era pigliato il diploma di “Avviamento”. Era più giovane del fratello di qualche anno. Brutto e scorbutico il primo, gentile e aggraziato il secondo e, diciamolo pure, un poco effeminato, ma tuttavia capace di conquistarsi la simpatia dei clienti.
-Tu fai tropp’ ‘o farenello co tutti quanti neh, Abè!- gli rimproverava Caino.
- Trovi gioia? E va buò, la gentilezza e la cortesia pagano sempre.- rispondeva Abele.
Mo venimmencenne a noi. Conquistato da tanta affabilità e delicatezza (e speriamo solo da quelle) ci stava un nobile e ricco Signore che abitava all’ultimo piano dello stesso palazzo dove c’era il supermercato. Questo, tutte le sante mattine, scendeva a fare la spesa e Abele, sculettando sculettando, lo riceveva facendogli mille “ammoine” e gli faceva trovare la verdura più fresca e la frutta più docia.!
Ma un giorno Caino disse a ‘sto Signore:
-Neh Signò, cortesemente, vi posso addimandare una cosa?
-Addimandami pure.- disse il Signore
- Vurria sape’ perché per me tenite tanta antipatia e pe’ chistu miezz’omme, invece, “teneta” ammirazione? Che “forze” non simmo tutti e due “ I FIGLI DI EVA”?
-Certo…- rispose il Signore – Ma Abele mi tratta come un Dio mentre tu, disgraziato che sei, mi passi carne di bufala per carne di manzo, e quando mi dai carne di mucca, mi dai quella della mucca pazza.
Dopo alcuni anni il Signore “morse”…”morse”? E che de’, ‘na vipera? Moritti…??? No nun va buone…Insomma, jettaie ‘o sanghe!!! E, non avendo nessuno, lasciò Abele erede di tutte le sue sostanze.
-Tesò, hai visto che la gentilezza paga?- disse a Caino . Mo so’ ricco gioia! Sai che fo Titò? Mi apro una bella industria conserviera. Tengo intenzione di produrre scatolame: che so’,fagioli, tonno, manzo, piselli. Le pelate le chiamerò “il Pomo di Adamo”-. Per non portarvela a lungo, Caino finì sul lastrico e fu costretto a chiudere la macelleria perché accusato si vendere carna infetta…(carna? Si è singolare) che acquistava a Pollenatrochia[1]. Abele, invece, “diventette straricco tanto che si mise a produrre latte che chiamò “Il latte della mucca savia”.
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