Via Crucis - terza parte - | Prosa e racconti | Antonio Cristoforo Rendola | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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Via Crucis - terza parte -

Personaggi
 
Il lavoratore socialmente utile
Il maestro elementare
 Il narratore
 
L’azione si svolge in Qualiano, un paesino in provincia di Napoli. In epoca romana la zona si chiamava Caloianum, per culto al dio Giano (lo confermerebbe il ritrovamento di una grossa testa di divinità bifronte e barbuta).  Notevole importanza, sotto il profilo urbanistico, ebbe il secondo periodo borbonico (1815-1860). In questa realtà illuministica per il territorio, operata dai regnanti Borboni, Qualiano trasse non pochi benefici. Attualmente Qualiano fa parte del comprensorio giuglianese ed è un mix di vecchi agricoltori e giovani imitatori della vicina vita metropolitana partenopea.
Siamo in località “Ponte di Surriento” ed il vento col suo fischiare imperioso quasi copre l’ululare dei cani randagi. E’ il tramonto inoltrato.
 
 
  

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 


 
Narratore    Venerdi, 15 aprile 2001. Località “Ponte di Surriento” a Qualiano, provincia di Napoli, nel giorno della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo, viene organizzata dalla Parrocchia di S. Stefano e dal Comune di Qualiano la “Via Crucis”. Distanti dal ponte, in aperta campagna, vengono issate due croci che, per l’angusto spazio tra  un albero e l’altro, vengono messe molto ravvicinate. Vi sono legati, vestiti solo con dei goffi parei, due individui: un giovane cassaintegrato – lavoratore socialmente utile – nativo del posto, ed un maestro elementare napoletano  in servizio in un locale Circolo didattico. Di lì a poco dovrebbero arrivare tutti gli altri personaggi con il sindaco in testa flagellatore di Gesù Cristo interpretato dal Segretario comunale e l’Assessore all’assistenza degli anziani nel ruolo di Ponzio Pilato. Alle sette della sera non si vede ancora nessuno, mentre i due, strettamente legati, aspettano con una certa preoccupazione.
 
 
 
Lavoratore           No, te stongo a fa ‘na domanda: tu ‘o suppuorte ‘o gummista?
Maestro               Ma chi lo conosce? Cosa vuoi che me ne fotta a me del gommista?! Io tengo i miei cazzi per la testa, penso al gommista!
Lavoratore           Ah, ma tu sì proprio un tipo buriuso[1]! Ti credi che tieni solo tu i cazzi da’ parte da’ capa? Si è probleme fossero purtualle[2], ‘a capa mia saria Palermo, lo sai! Lo sai che ho messo a lievitare il pane ‘sta notte e mo, co’ mia moglie malata, si sarà ammosciato tutto? E mi dici che me ne faccio mò?  Manco pasta cresciuta ne posso fare più! E tutti quelli che saranno venuti a cercare il pane e non lo hanno trovato? Sai che succederà? Non lo hanno trovato una volta? Nun ce vengono più! –e che faccio mò? Levo ‘a miezzo pure pane e taralli?
Maestro               Bastaaaaaaaaaa!
Lavoratore           Ecco! E’proprio chello che ha detto mia moglie! Ha detto:-  Bastaaaaaa! Lieve ‘sta “Via Crucis” ‘a miezzo e pienze a fa’ ll’ommo!
Maestro               Ecco, tua moglie!
Lavoratore           Addò sta?
Maestro               No, dicevo, non sarà preoccupata? Non ti viene a cercare?
Lavoratore           Sta a letto con la febbre. Poi penserà che sto con gli amici nel bar di Ciccio. Lo sai il bar di Ciccio?
Maestro               Nun ‘o conosco ‘stu Ciccio!
Lavoratore           Io me la faccio là dentro. Pure ‘o gummiste se la fa là dentro. Senti, io le guardate del gommista non le sopporto! Tiene certi occhi che fanno paura! Quello, quando ti guarda storto è tutto un programma! ‘O conusce ‘o gummista?
 Maestro               Ti ho detto che non lo conosco!
Lavoratore           Azzo, non conosci il gommista? Sta nella prima traversa appena passata la piazza…
Maestro               Non lo so.
Lavoratore           Sulla sinistra, doppo ‘o ferraro…
Maestro               Non – lo- so!!!
Lavoratore           Quello che tiene l’insegna messa sottosopra…
Maestro               Se po’ sapè che vuo’ tu ‘e stu sfaccimme ‘e gummista? Dimmi che vuoi da me?
Lavoratore           Ah, niente…niente…
 
Pausa.
 
Lavoratore           Titò…
Maestro               Eh?
Lavoratore           Però te dongo nu cunsiglio…Si incontri il gommista, nun ‘o guardà ‘int’’all’uocchie.
Maestro               Ma lasciami in pace! Fa freddo qua…
Lavoratore           Batti le mani.
Maestro               Stronzo! Come faccio a battere le mani se le ho legate?
Lavoratore           Fai così…(stringe i pugni e li apre di continuo). Anzi, muovi pure i piedi, fai così…(Cerca, per quanto possibile, di muovere i piedi
Maestro               ( A mezza voce , singhiozzando)  Franca…
Lavoratore           Non ci pensà!  Tanto essa mica ti penza…
 
 
Maestro               Ma come ti permetti???
Lavoratore           E’ che a chest’ora tenerrà che fare, no?
Maestro               Cosa?
Lavoratore           E io che ne saccio?  Ci sono tante cose che una donna tiene che fare…Può essere che starà guardando la televisiona…
Maestro               A Milano?
Lavoratore           Ma pecchè, a Milano non si guarda la televisione?
Maestro               La prima volta la vidi a Ischia…
Lavoratore           Nientemeno!?
Maestro               Che immagine stupenda! Bella! Piena di colori!
Lavoratore           Quanti pollici era?
Maestro               Pollici? Ma di chi cazzo parli?
Lavoratore           Da’ televisione a colori che avite visto a Ischia.
Maestro               Ma no! Io parlavo di Franca…Quanti anni avrà avuto?
Lavoratore           Ma pecchè che ha fatto?
Maestro               In che senso?
Lavoratore           Tu hai detto “Quanti anni avrà avuto…”
Maestro               Cretino! Quanti anni avrà avuto di età. Mi pare che ne aveva venti e io ventisei.
Lavoratore           Ah tu ventisei…E allora? (Sbadiglia, ha sonno, o meglio è il diabete che sale e gli porta sonno)
Maestro               La incontrai mentre passeggiava ed, avvicinandola dopo averla a lungo osservata, ebbi come un sussulto ed esitando inventai una scusa qualsiasi. Dissi…
Lavoratore           “…Lei mi ricorda qualcuno…”
 
 
Maestro               Si, ma come fai a saperlo?
Lavoratore           Perché è la scusa tipo. La stessa che ho trovato io con mia moglie. Solo  che quando li dissi:- Senda…lei mi ricorda qualcuna…- Essa rispunnette:- Chi? Soreta?  A te che ti ha risposto?
Maestro               Ma io ero a disagio e lei poco faceva per aiutarmi. Il discorso cadeva continuamente e ad ogni mia domanda per alimentarlo  lei sillabava solo con un si o con un no.
Lavoratore           (sempre più  stanco ed assonnato)Pure muglierema sillabava sempre. Diceva:- Se,se…Né, né…ma, va! Era' nu sillabario!
Maestro               Faceva solo brevi cenni col capo con risposte vaghe e stentate.
Lavoratore           (c.s.) Pure muglierema stentava.
Maestro               Ma, forse, era questo che mi piaceva terribilmente di Franca. Questo suo porsi e ritrarsi. Questa sua disponibilità e questa ritrosia eternamente in bilico. Il paese, la gente, tutto ci stava stretto eppure eravamo impossibilitati a uscirne.
Lavoratore           (c.s.) E’ vero! Si uno tene gente , rimane ‘int’’a casa.
Maestro               Il varco…
Lavoratore           Come?
Maestro               Noi lo vedevamo il varco, ma non era così facile  oltrepassarlo. Era lì, a portata di mano, e, se solo lo avessimo voluto, ne saremmo usciti fuori liberi e fieri come due puledri.
Lavoratore           (c.s.) Site asciuto dint’’a varca con due puledri?
Maestro               Quando ci decidemmo era ormai troppo tardi: non più giovani per avere quel entusiasmo per cominciare una nuova vita da un’altra parte, ma neanche abbastanza vecchi da
 
dichiararsi sconfitti. Io, maestro elementare con uno stipendio da fame, e lei che lavorava come segretaria presso  uno studio legale ischitano.  Non c’era di che stare allegri! Quello che più mi dispiaceva era che il tempo  passava inesorabilmente sul suo volto, e che la sua bellezza  sfioriva quale immagine attraverso un vetro che si appanna pian piano. Lei lo sapeva che io fingevo che ciò non accadesse. L’amavo sempre, per carità, ma non mi piaceva più come una volta. Era un bene diverso: quello dettato dalla riconoscenza verso una persona che con te ha diviso la vita, ma non era più amore. Dio, quante volte, mentre facevo l’amore con lei, pensavo ad altre! Eppure ero consapevole che un amore grande come quello non lo avrei mai avuto. Lei sentiva tutto questo, m’interrogava  col suo sguardo da bambina smarrita, mi scrutava dentro. Non potevo fare a meno di lei e nello stesso tempo mi struggevo al vedere del tempo  che scorreva sempre più  inflessibilmente. Poi venne il giorno in cui lei cominciò a desiderare di avere un figlio. Io, frustrato anche dal mio lavoro,  tutto desideravo fuorchè un figlio. Senza mezzi termini le fecì capire che neanche ci pensavo proprio, ma lei si ostinava. Divenni anche cattivo a volte. Eravamo come due muri uno di fronte all’altro e nessuno voleva cedere . Quando si rese  conto che non ‘era nulla da fare ebbe un cambiamento improvviso e cominciò a detestare i figli degli altri. Non mi veniva più a trovare a scuola, a Lacco Ameno, dove allora insegnavo per non vedere bambini. L’impossibilità di avere un figlio dall’uomo che amava la indusse a convincersi del contrario pur di non soffrire. –io diventai insofferente a tutto e, perfino a scuola, cominciai a pensare a come rammendare questo rapporto che giorno  dopo giorno, si sfibrava languendo sotto i nostri occhi. Ora lei è a Milano ed io sono stato trasferito qui. Che stronzo che sono stato! Che stronzo!


[1] Iracondo.
[2] Arance.
 

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