Scritto da © Amina Narimi - Dom, 10/05/2015 - 14:05
Ho lavorato con la morte dei tuoi occhi,
la porta stretta di questo mio cercare.
Tre anni e un filo lungo di esercizi
stretti tra le dita, cristallini.
Di tanto ho fatto lunghi i miei capelli
ad ogni anello degli alberi che amo.
Mi sono preparata a sparire dalle stanze
a risalire l’aria verso il buio
ho imparato a trascinare l’eco della luce
e più di tutto
a smuovere il tuo corpo sulla tela
facendo un cerchio lento con le dita,
allora sembra che respiri e stai per dire
qualcosa d’invisibile, una cura.
Come cibo non un’ombra di pensiero
si distende sulla vita con un seme
stordito dalla grazia che traspare
mentre alziamo i fili d’erba dei segreti,
come fossero le teste di bambini
con le bocche socchiuse in armonia
tra la crisalide e la rosa ricomposta
c’è un dono che si sporge dalle labbra,
danzando per minuscole fiammelle
da un punto di paura allo splendore:
afferrami le maniche stanotte,
perché ritorna sempre alla tua festa
la paura negli occhi a fare il gesto
che chiude il forno nero con il fuoco,
scompiglia i miei capelli con la forza,
come un’acqua che nasce dalla spinta,
dal dolore dei sassi, mentre sogno.
Mi sveglierà come una voce nel torace
colma di frutti
nel violento calore la freschezza
di una pianta che s'infila nei vestiti
nello scambio del sangue con la luce.
la porta stretta di questo mio cercare.
Tre anni e un filo lungo di esercizi
stretti tra le dita, cristallini.
Di tanto ho fatto lunghi i miei capelli
ad ogni anello degli alberi che amo.
Mi sono preparata a sparire dalle stanze
a risalire l’aria verso il buio
ho imparato a trascinare l’eco della luce
e più di tutto
a smuovere il tuo corpo sulla tela
facendo un cerchio lento con le dita,
allora sembra che respiri e stai per dire
qualcosa d’invisibile, una cura.
Come cibo non un’ombra di pensiero
si distende sulla vita con un seme
stordito dalla grazia che traspare
mentre alziamo i fili d’erba dei segreti,
come fossero le teste di bambini
con le bocche socchiuse in armonia
tra la crisalide e la rosa ricomposta
c’è un dono che si sporge dalle labbra,
danzando per minuscole fiammelle
da un punto di paura allo splendore:
afferrami le maniche stanotte,
perché ritorna sempre alla tua festa
la paura negli occhi a fare il gesto
che chiude il forno nero con il fuoco,
scompiglia i miei capelli con la forza,
come un’acqua che nasce dalla spinta,
dal dolore dei sassi, mentre sogno.
Mi sveglierà come una voce nel torace
colma di frutti
nel violento calore la freschezza
di una pianta che s'infila nei vestiti
nello scambio del sangue con la luce.
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