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Benandante

 
-Muta nei dialetti,
 nella camicia,
 l’innominabile placenta,
 la tua paura
 d’Uomo. Sacro
 per te è l'orribile,
 l'inconoscibile del sesso, 
 dove vita e morte si confondono,
 il sangue 
 nel Celeste del bambino. -
 
 Siete venuti spinti dalla palude
 avvolti nel sacco d’acque scure
 inconoscibili, tanto uguali-
 nella grotta tiepida
 nato due volte, tu
 e l'altro te stesso, fratello 
 e madre insieme-
 dipinti d'ocra rossa.
Danzando su un filo,
 vi ha partorito e stava
 come essere il tuo doppio,
 spirando nel cordone, nella pancia
 ti ha dato il cuore, la placenta,
 tua celeste comunione, sulla terra
 ostia nel mare della vita.
 Soffio gemello originale
eri grande la coda di un cavallo
 che ti hanno svelato l'anima d'uccello,
 la consegna tra le mani: il benandante
 che tu sei- un foro,
 qualcosa di numinoso dietro il collo,
 che ti sospende ancora il fiato,
 quando senti la chiamata delle tempora
 che ti fanno volare profondissimo,
 a combattere gli spiriti che tengon l'erba bassa
 che non fanno alzare il pane nelle notti.
-Non gettare la placenta-
 ordinava bisbigliando senza denti
 quella zingara nel campo di mia nonna- 
 lasciala fiorire insieme al mirto,
 dove la nughedda ha fatto un buco
 sul fianco della mèndula, vivrà
sugli alberi. Lo vedrai salire
 scendere la sera in una foglia,
 quel suono profondo che posa,
 disegnando un otto sull'erba,
 schiarendo negli occhi il riflesso,
 di una poesia.
 
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il benandante.JPG63.36 KB

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