Scritto da © Antonella Iuril... - Ven, 08/02/2013 - 17:49
Ci sono parole usate ed abusate che servono a nominare territori indecifrabili o spazi di insignificanza, esalazioni di follia contenuta o vuoti abissi di mancata genialità. una di queste parole è “creatività”, una parola seria il cui uso va sottratto all’abuso.
La creatività è un carattere saliente del comportamento umano, particolarmente evidente in alcuni individui capaci di riconoscere, tra pensieri e oggetti, nuove connessioni che portano a innovazioni e a cambiamenti. il criterio dell’originalità, presente in ogni attività creativa, non è un criterio sufficiente, se è disgiunto da una legalità generale che consente all’attività creativa di essere riconosciuta da altri individui. l’accadere della creatività secondo le regole è ciò che la distingue dall’arbitrarietà.
Il carattere creativo è contrassegnato da una forma di pensiero detta divergente che, a differenza di quella convergente che tende all’unicità della risposta a cui tutte le problematiche vengono ricondotte, presenta originalità di idee, fluidità concettuale, sensibilità per i problemi, capacità di riorganizzazione degli elementi, produzione di molte risposte diverse fra loro. il pensiero divergente, in cui si esprime la creatività, entra in gioco quando i processi convergenti si sono sviluppati al punto da permettere un’adeguata padronanza del settore di applicazione, per cui, fino a una determinata soglia intelletiva, tra i due tipi di pensiero esiste una stretta interdipendenza che tende a diminuire livelli molto alti di intelligenza. per essere creativi bisogna avere organizzato bene le basi da cui spiccare il volo, altrimenti il destino è quello di Icaro.
La massa di ricerche sperimentali dà un profilo della personalità creativa: il creativo è motivato da curiosità, bisogno d’ordine e dal successo, è autoritario, aggressivo, autosufficiente, è scarsamente inibito, non formale, non convenzionale, indipendente e autonomo, ha grosse capacità di lavoro, autodisciplina, versatilità, è costruttivamente critico, non facilmente soddisfatto, ha una larga gamma di interessi in cui non rientrano quelli economici, ha interessi di tipo femminile, scarsa aggressività maschile, non desidera molti rapporti sociali, è introverso, emozionalmente instabile, ma capace di usare efficientemente la sua instabilità, non adattato in senso psicologico, ma socialmente adattato, è intuitivo, empatico, si considera creativo e si descrive come tale, è poco critico nei propri confronti, esercita un notevole impatto sugli altri.
La creatività ha inoltre parentela con gli orli e talvolta con gli abissi della follia, a mettere in luce questa relazione fu per la prima volta c. lombroso che nel 1864 dimostrò come cellini, goethe, vico, tasso, newton e rousseau erano stati soggetti ad attacchi di “pazzia”, concludendo che la genialità era l’espressione di una “psicosi degenerativa”, K. Jaspers, che ha esaminato la stessa relazione in Nietzsche, Strindberg, Van Gogh, Holderlin e Swedenborg, scrive: “lo spirito creativo dell’artista, pur condizionato dall’evolversi di una malattia, è al di là dell’opposizione tra normale e anormale e può essere metaforicmente rappresentato come la perla che nasce dal difetto della conchiglia: come non si pensa alla malattia della conchiglia ammirandone la perla, così, di fronte alla forza vitale di un’opera, non pensiamo alla schizofrenia che forse era la condizione della sua nascita”…
… un ultimo requisito è l’ingenuità, una parola latina che viene da in-genuus, nato libero, dove in gioco non è la libertà di, ma la libertà da tutti i condizionamenti, soprattutto mentali, che fanno apparire il mondo entro uno schema interpretativo che annulla sul nascere la sorpresa del mondo. la creatività infatti non è produzione di cose nuove, ma fedele ancella del “sorprendente”, lo stesso che un giorno generò la filosofia, che come vuole aristotele “è nata dal dolore e dalla meraviglia”
da parole nomadi di Umberto Galimberti