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Il nostro si che è stato un coupe de foudre

Mi tocca dirglielo. “Smetti di toccarmi altrimenti non riesco a pensare ad altro”.
E’ emersa un’intuizione e se non la fermo subito su una memoria perlomeno provvisoria le toccherà non solo di tornarsene a casa, cioè inabissarsi di nuovo nei meandri polverosi della memoria principale, ma divenire una povera cosa inutile.
Vabbè, povera cosa lo sarà, sempre.
Mi chiedete, “dove vuoi andare a parare? Perché, se non vuoi andare da nessuna parte allora si, sei tu l’inutile”.
Lo ammetto, malinconicamente ma lo ammetto. Era un pretesto, un ipocrita, schifoso pretesto per interrompere un flusso di tenerezza altrimenti ininterrotto..
Questa donna qua, dico questa qua non una qualsiasi, mettendo in campo la tenerezza (sua arma, non mia) continuamente mi buggera. Lo fa ogni volta che torno a casa, da ogni santo venerdì di ogni fine settimana della suddetta convivenza.
Dite che non ve ne avevo ancora parlato della nostra comunione?
Appresso; ci siamo incontrati ed innamorati cinque anni fa. Venivamo da due percorsi diversi con però un fuoco in comune.
Lei proveniva da Parigi io da Urbino. Lei in quella città c’era stata per incontrarsi con un uomo, ed io pure. Lei si sbattacchiava per il marciapiedi della stazione con un trolley da venti chili suddiviso perfettamente come ebbi modo di scoprire poi, tra sottovesti, mutandine di raso, seta e pizzi, e creme, cremine, sottofondi di scarpe, vestiti e profumi, cui s’era rotto il dispositivo che permette l’uscita delle barre per tirarselo dietro agevolmente; io riservavo lo stesso trattamento al mio ginocchio destro con una borsa di similpelle riempita di carte, troppo beige per qualsiasi altro vedente.
Quello il fuoco dove ci imbattemmo: la Centrale di Milano.
Avrei dovuto capirla fin dai primi istanti di quell’incontro gratuito. Quando con un colpo di mano degno del miglior Lupin, captando con un guizzo indomito gli occhi stupefatti dell’unico edicolante ancora aperto, mi tolse letteralmente dalle dita l’ultimo Repubblica, approfittando che io avevo, per eccesso di cortesia, entrambe le mani impegnate. Invece me ne innamorai.
Come ama ripetere Genevieve venendomi incontro verso sera sul vialetto di ghiaia ad ogni vigilia di w.e., mentre arranco benemale tenendo per la maniglia il vecchio trolley del quale si è prontamente disfatta la sera stessa del nostro incontro, pieno come un uovo di campioni per i miei nuovi clienti.
“ Eravamo stanchi. Non lo capivo più, né lui me. Il nostro si che è stato un coupe de foudre”
Kleine Schulschiff!
 
 
 

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