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il contatore è saltato

anelo nel vuoto insignificante a miracoli come un pavimento pulito
mentre il contatore della luce salta come sono saltati gli imperi
e la mia faccia -cianotica faccia di bara- mantiene un'espressione fissa
nel buio della notte appena calata;
si odono rumori raccapriccianti, gatti che uccidono altri gatti,
rumori nella distesa piastrellata del cortile,
rumori dentro, soprattutto dentro, dalla cassa toracica a quella cipolla che è il cuore,
si mangiano l'entusiasmo come muratori che addentano un panino nell'ora di pausa
e i sogni se ne sono andati ma non so dove, non so niente,
so soltanto che il contatore è saltato e adesso qui non c'è luce,
non c'è luce né qui né altrove.
ma gli avventori del bar Cavour trangugiano sempre le stesse birre gelate
e Cristina Malcaus apre un giornale alla pagina della cronaca rosa,
speranze come narcotici ancora esistono ma non qui, solo là esistono, 
dove gli anni portano goffe montature da miopi
e ho bisogno di vedere la notte aprirsi come una puttana
ma non c'è luce adesso, persino le stelle non luccicano più,
la mia mano morta, il mio cuore morto, il sole che non brilla più dentro,
adesso chiedono pace. c'è un limite a questa morte che divora?
ma io so che solo la morte vive, ora e per sempre, da sempre,
finché non ci diranno cosa sono queste insensate sinapsi
che i poeti chiamano anima, so anche che il pensiero è un dio crudele
e come tutti gli dei ora crea e ora distrugge,
ma io distruggo solamente, zitto, ascolta, cos'è che non va?
e vorrei essere un gufo, avere occhi di cristallo e stare aggrappato ad un albero
con la notte come habitat, vorrei essere una talpa e non vedere niente,
ma invece vedo e quando chiudo gli occhi vedo ancora di più, tutto,
l'insignificanza, la banalità, l'interno delle mie palpebre, 
ma la luce no, non la vedo.

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