A Tale of the Past - Una favola del passato. (Capitolo due parte uno) Italian version | RV International | Carlo Gabbi | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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A Tale of the Past - Una favola del passato. (Capitolo due parte uno) Italian version

Capitolo Due

Una finestra aperta sul passato

(Riscoprendo l’amore materno)

  “Mama credo propio che dobbiamo parlare della tua salute. Sono preoccupato di come ti trovo ultimamente. Penso che non hai abbastanza cura di te stessa e Julia, anche se è  una brava ragazza, non ha abbastanza esperienza. Forse hai bisogno di qualcuno che ti possa accudire meglio.”

“No, Carlo. Non voglio discutere su questo argomento. Stai forse cercando una scusa per mandarmi in una casa di riposo? Ti sbagli mio caro. Dopotutto sono stata infermiera per lunghi anni e conosco i miei sintomi. Avere Julia al mio fianco mi basta, per di più è una ragazza volenterosa e mi aiuta molto.”

“Mama mi hai frainteso. Non sto cercando di allontanarti da casa tua. Pensavo solamente che hai bisogno di più svago, di vedere posti nuovi e respirare aria meno inquinata. Volevo proporti di andarcene noi due in vacanza in qualche posto tranquillo. Entrambi siamo logorati nello spirito e così   pure i nostri corpi hanno bisogno di riposo per rigenerarsi. A me, durante l’ultimo anno, sono capitate troppe cose ed ora mi sento completamente stressato. E come ultima cosa ho ricevuto il colpo di grazia da Anita. Quest’ultima esperienza mi sta facendo impazzire…

“Si, Carlo...”

“Per favore, Mama, non interrompermi … So benissimo cosa vuoi dirmi e sono d’accordo con te. Era una puttanella da quattro soldi, e me la sono voluta. Dopotutto fui io a cercarla. Ma ora finalmente è fuori dalla mia vita. Si, è difficile adattarmi nuovamente alla vita di scapolo, ma è solo questione di tempo e troverò una nuova direzione per il mio futuro.”

“Carlo, quello che hai bisogno è una brava donna che si prenda cura di te…”

  “Decisamente no. Non voglio un’altra donna appicicata a me per il resto della vita. Due sono state piu’ che sufficienti. Entrambe mi hanno portato alla disperazione.”

“Si Carlo, Ma devi amettere la tua colpa. Quando vuoi, sei abbastanza intelligente da comprendere l’animo umano, ma le donne sono sempre state il tuo debole. Quando trovi quella che ti piace, perdi la testa e agisci stupidamente. Ma dimmi quando mai imparerai?”

“Forse ho imparato la lezione, o forse non la imparerò mai. Ma questo non è un problema riccorente nella famiglia?”

“Hai ragione. Amori e passioni sono da sempre stati i nostri problemi, ma è ora che accetti i fatti e in futuro agisca più saggiamente. Non sei piu’ tanto giovane mio caro.”

“Si, va bene. Ma non son qui per discutere della mia vita o della mia saggezza in fatto di amore. Sono venuto solamente a chiederti di venire con me per una vacanza che ci tenga lontano da questa vita stressante per un po` di tempo. Abbiamo bisogno di dimenticare i problemi che ci hanno afflitto in questi ultimi tempi. Inoltre dobbiamo recuperare quello che abbiamo perso nel passato, trascurando troppo a lungo il piaciere di essere uniti in una vita famigliare che duri più di qualche ora settimanale. Abitiamo relativamente vicini, ma egoisticamente preferiamo vivere la nostra vita indipendenti. Non credi vi sia qualche verità in quello che ho detto?”

“Dammi tempo, ci voglio pensare su.”

“Io l’ho gia fatto. Durante le ultime sere ho pensato di come è andata sempre la nostra vita. Alla fine ho concluso che per troppo tempo abbiamo corso in direzioni opposte. Quindi, niente di meglio che andarcene insieme, in un posto calmo e tranquillo, dove avremo modo di riscoprirci. Per favore ripensaci, è una proposta seria.”

“Carlo, quanto hai detto ora di noi, non è completamente vero. Siamo sempre stati una famiglia, anche se mille cose ci hanno tenuti separati per lunghi periodi di tempo. Non ricordi quando si era a Vilminore in quel paese tranquillo del Bergamasco? Quello è stato un periodo felice per entrambi. Vivere in quella valle maestosa racchiusa tra le Dolomiti è stato indimenticabile. Dalle nostre finestre si vedevano immense pinete che si arrampicavano lungo i fianchi scoscesi dei monti, e dove quelle finivono incominciavano le guglie appuntite di rocce che toccavano il cielo. E c’era quel picco più alto che ci separava dalla valle Svizzera dall’altro lato. Era un vero paradiso, lontano da tutto e cosi vicino a Dio! Ricordi? Ogni mattino sul presto, Lo andavo a ringraziare, camminando sulla ripida scorciatoia che mi portava a quella piccola Cappella sperduta al lato di quella stradina di montagna. In quel luogo il silenzio e la solitudine erano totali e là sentivo di essere me stessa, umile e piccina in fronte a Dio Onnipotente. Lo ringraziavo, perché da quel luogo potevo ammirare il suo maestoso creato. Sono ricordi indelibili tra i più cari che mi sono rimastimi.”

“Si, non lo nego Il posto era pittoresco, anche se per la mia gioventù io sentivo forse un po’ troppo isolato.”

“Ma ti vedevo felice, e non lo puoi negare. Non ti ho mai sentivo così vicino come durante quei lunghi mesi trascorsi assieme lassù. Ma di quei giorni lontani vi è ancor qualcosa di cui ancora oggi non posso darmi pace. La tua testardaggine nel dare le dimissioni così in fretta da quel buon lavoro con quella compagnia mineraria. Mi sono pure chiesta mille volte quale fosse la vera ragione di lasciare quella giovane maestra. La vedevo così innamorata di te.” 

“Non ho mai avuto problemi con quella maestrina e mai le feci alcuna promessa. Il tutto fu solamente questione di soldi tra me e i dirigenti della Ferromine Co. Non vollero prendere in considerazione le mie capacità di lavoro. Mi pagavano meno della metà di quanto erano pagati gli altri capi cantieri con le mie stesse responsabilità. Ho pazientato a lungo, ma m’infuriai quando cercai di negoziare un miglioramento e me lo negarono. D’accordo, era vero, come loro dicevano, che io ero l’ultimo arrivato, ma penso che tutto ha un limite. Alle mie richieste avrebbero dovuto essere piu’ flessibili, darmi un po’ di piu’ e promettermi altro ancora per il futuro, e non una risposta negativa ed incondizionata.”

“Come sempre hai dimostrato la tua testardaggine. Allora avresti dovuto ascoltare di più i miei consigli.”

 

 

“Forse e come dici avrei dovuto ascoltarti di più. Dopo decisi di venire in Australia dove ebbi alterni periodi di fortuna e di sfortuna sul lavoro, nella vita e nell’amore. Ho sempre donato generosamente e incondizionatamente il mio amore, ed a volte mi è anche stato restituito. Purtroppo, troppe volte sono stato ripagato con amarezze. Ma ciò fa sempre parte della nostra vita, indipendentemente da quale continente viviamo.

“Ricordo anni dopo, ritornai in Italia la prima volta, c’erano buone possibilità per gli affari, e qualcuno tentò di tenermi là. Ma dimmi un po’, come era umanamente possibile abbandonare quello che avevo creato in questa terra in anni di sacrifici e sudore? E così la mia vita fu decisa e l’Australia divenne la mia Patria di adozione.

“Cosa posso commentare oggi della mia vita passata? Qualsiasi sia la risposta di una cosa sono ben certo: è troppo tardi per qualsiasi cambiamento. Sono legato profondamente a questa terra nella quale ho speso la maggior parte dei miei giorni. Questo è il luogo dove sono rinato. Questo è il luogo dove ho imparato a essere me stesso, attraverso le molte esperienze di lavoro e di pensiero. Posso dire con fermezza che oggi sono quello che sono grazie a quanto questa terra mi ha dato. Qui ho imparato a essere onesto con me stesso e verso gli altri e di questo sono più che orgoglioso. Posso concludere che è  qui dove il mio carattere si è  creato.”

“Si Carlo, L’Australia ci ha insegnato molto. Non ho mai guardato inditro nel passato e desiderato di ritornare in Italia. Non ho avuto rimpianti e sin dal primo momento che sbarcai in Sydney presi la decisione di rimanere qui per il resto della mia vita.

“Lasciai quel piccolo mondo lassù che allora era ancora devastato da mille ansietà e da quei penosi ricordi della guerra. Sin dal momento in cui sono arrivata in questo nuovo continente, ho smesso di rimpiangere il passato. Per tutta la mia vita ho sempre creduto e combattuto per le libertà della propria vita, di lavoro e di pensiero. Nel periodo della guerra ho dedicato le mie esperienze ed energie nell’aiutare chi soffriva. Erano tempi difficili, e patrioticamente aiutai nel modo migliore delle mie capacità chi aveva bisogno. Segretamente ho combattuto i molti nemici di quei giorni oscuri, e lo feci non solo per necessità. Ma poi ho visto che quei sacrifici di allora non sono stati ripagati nel modo sperato.”

“Ti comprendo, Mama. Sappi che nel passato sono sempre stato restio a porti domande di come e perché agisti in quel modo negli ultimi giorni di Guerra. Allora ero troppo giovane per comprendere completamente tutti gli odi e rancori umani. Vi furono momenti che il tuo modo di agire mi lasciò perplesso, anche se capivo che cercavi di risparmiarmi il dolore di quelle inumane atrocità. Poi, crescendo, ho potuto risolvere molti di quei misteri in cui eri avvolta. Ma alcuni di quei segreti rimasero senza risposta. Non ho mai voluto innalzarmi a giudice delle tue azioni in quei giorni terribili, anche se il mio buon senso mi ha fatto sempre credere che hai agito in un determinato modo e ci doveva essere una buona ragione.

“La guerra finì, ma non finirono le risse o i rancori. Anzi ricordo bene che in quei primi giorni, immediatamente dopo la liberazione si videro vendette personali ignobili. E fu durante quei giorni, che in Piazza Santa Caterina capii quanto la gente fosse malvagia. Al mio passare li sentivo mormorare. Sentivo che parlavano di te, di mia madre, e di cosa avevi fatto. Ma tra le altre udii pure voci pietose che non ti condannavano, anzi parlarono del tuo patriottismo. Poi, alcuni giorni più  tardi, arrivarono alcuni militi delle Brigate Rosse e con forza ti trascinarono nel carcere locale, dove fosti rinchiusa per ben oltre due mesi. Non fu mai detto il perché da parte loro. Alla fine ti rilasciarono, sempre senza dir nulla. Assieme a te furono rilasciate altre donne, forse anche loro incarcerate ingiustamente. Ma non ti lasciarono in pace e così arrivarono all’ultimo atto della loro vendetta. Inalzarorono un palco in Piazza Santa Caterina, e li sfoggiarono i loro talenti patriotici. Quei non ben indentificati patrioti, con la forza dai loro moschetti, esibirono una pubblica parodia del loro potere e vollero umiliare quelle donne, che prima avevono incarcerate, dicendo che erano puttane fasciste, e come rappresaglia rasarono i loro capelli al cospetto di un pubblico plaudente. 

“Ma il punto fu che quei paladini di giustizia non furono mai capaci di provare quella verità e mai nessuno, giunse alla conclusione, se quella dimonstratione pubblica fosse di giustizia oppure fosse una delle loro molte vendette. Tu ti chiudesti nel silenzio, non dicesti mai una sola parola per discolparti, incurante di cosa gli altri pensassero. Ed io rispettai il tuo silenzio e mai ho voluto porti domande.”

“Si Carlo, quell’esibizione pubblica fu veramente umiliante, ma come ben dici, non fui mai colpevole di cose infami e non valeva la pena parlarne perché nessuno poteva testimoniare la verità. Ero legata da una stretta amicizia sin dal tempo giovanile, con un uomo. Allora era un ex-ufficiale dell’esercito e dopo quel fatidico 8 di settembre del 1943, come tanti altri soldati Italiani optò di arruolarsi nelle nuove Brigate Partigiane. Molti mesi più tardi le scaramucce tra fascisti e partigiani erano all’ordine del giorno e fu una notte di allora, che dopo il coprifuoco impostoci dalle truppe Fasciste lui venne a cercarmi, chiedendomi di essergli di aiuto. Sapeva bene che al Caffe Triestino, che allora gestivo, bazzicavano Tedeschi e Repubblchini. Lo sai che a quel tempo noi si era gli unici, grazie a zio Tita ed ai suoi autotrasporti ad avere una buona scorta di vino e liquori dalla bassa Friulana. I nostro locale era l’unico in Tolmezzo che poteva offrire buon vino e liquori, che a causa di quei giorni di lotte scarseggiava ovunque. Per quella ragione la sera il bar era divenuto il ritrovo dei tedeschi e repubblichini. Quella notte il mio amico mi chiese se potevo porre attenzione mentre quella truppa parlava tra loro e se sentivo informazioni utili per la Resistenza di passarle a lui. Il nostro luogo notturno di riunione era la vecchia Torre Piccotta. Mi disse che anche semplici notizie potevano essere utili ed avrebbero potuto salvare la vita di molti suoi compagni.

Accettai la sua richiesta. Fu in quei giorni che anche un ufficiale Tedesco, che faceva parte del comando del distretto della Carnia, incominciò alla sera a venire al bar per bere la sua grappa ed anche a fare un po` il cascamorto con me. Stetti al suo gioco e risposi in un modo un po’ civettuolo. Si, in quelle serate assieme inconsciamente, e come tutti gli uomini fanno, parlò del suo lavoro. Quanto mi disse non aveva molto valore per me, ma ugualmente passai i messaggi al mio amico. Era tutto quanto potei fare, anche se fosse rischioso per me il salire alla Piccotta di notte e durante il coprifuoco.

Ma poi capii che vi fu qualcuno, tra quei pochi civili che ancora venivano al bar, che incominciò a sparlare in giro dicendo che me la facevo con I tedeschi ed I fascisti. E questo fu quanto venni accusata al Comando Partigiano.

“Sfortunatamente il mio caro amico, che era l’unico mio contatto che avevo direttamente con i Partigiani. Mi disse che per la mia sicurezza, dovevo comunicare unicamente con lui. Quelli erano i rischi che erano imposti a noi informatori, durante quelle operazioni di Guerra clandestina. Ognuno di noi era unicamente responsible di se stesso.

“Al calar dell’autunno, i Tedeschi e le truppe Cosacche iniziarono il grande rastellamento sulle montagne Carniche. Il mio amico venne ucciso assieme a molti altri durante quell’operazione bellica. Dopo la sua morte nessun altro poté parlare in mia difesa.”

     “Grazie Mama, ma anche se non l’ho mai chiesto non avrei mai dubitato di te.”

Vi fu una lunga pausa nella nostra conversazione. Vidi mia madre sofferente e stanca dopo quella lunga giornata passata nel rivangare il passato. Le offrii una tazza di the al limone, come piaceva a lei. Poi in modo persuasivo dissi a mia madre, “Chiedo a Julia che ti aiuti ad andare a dormire, ma prima di andarmene voglio ritornare al motivo per cui sono venuto oggi. Come ho detto prima voglio portarti con me in un bel posto di villegiatura per una lunga vacanza. Penso di stare via almeno tre mesi, o anche di più se troviamo il posto ideale. Ti do la scelta. Possiamo andare a villegiare lungo la Sunshine Cost, che ha questo tempo dell’anno è magnifica e non troppo affolata, oppure ce ne andiamo ai tropici, nelle Isole Fijiane. Ma non credermi troppo generoso. Ho una buona ragione di farlo perché ho calcolato che durante quelle lunghe ore che saremo assieme tu potrai raccontarmi tutti quei segreti che solo tu sai, riguardo la Nonna Gigia e la famiglia dei Tullio.”

“Va bene Carlo. Ci penserò e ti darò una risposta quando ritorni la prossima settimana.”

 

 

                 ( UNA FIABA DEL PASSATO

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