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Per me, un ebreo, è difficile stare "nel momento". Riassunto del buddhismo - Christopher Moore

<< E ci sedemmo.
Evidentemente avevamo attraversato mezzo mondo per imparare a sederci, restare fermi e ascoltare i suoni dell’universo. Per lasciare andare il nostro ego, ovvero non la nostra individualità ma ciò che ci distingue dagli altri esseri viventi. “Quando ti siedi, siediti. Quando respiri, respira. Quando mangi, mangia” diceva Gaspare, e intendeva dire che ogni particella del nostro essere doveva trovarsi “nel momento”, completamente consapevole del presente, senza passato, futuro o qualunque altra cosa a dividerci da ciò che era.
Per me, un ebreo, è difficile stare “nel momento”. Senza passato, dove sta la colpa? Senza futuro, dove sta il timore? E senza colpa e timore chi sono io?
“Considera la tua pelle come ciò che ti unisce all’universo, e non come ciò che ti separa da esso” mi disse Gaspare, mentre cercava di insegnarmi l’essenza dell’illuminazione, pur ammettendo che non era una cosa che poteva esser spiegata. Poteva insegnarmi il metodo. Poteva sedersi.
Secondo la leggenda (che ricostruii mettendo insieme le cose che scoprii dal maestro e dai suoi monaci) Gaspare aveva costruito il monastero per avere un luogo in cui sedersi. Molti anni prima era venuto in Cina dall’India, dov’era nato principe, per insegnare all’imperatore e alla sua corte il vero significato del buddhismo, andato perduto in anni di dogmi e di esasperata interpretazione delle Scritture.
Al suo arrivo, l’imperatore gli domandò: “Che cos’ho ottenuto con tutte le mie buone azioni?”.
“Niente” rispose lui.
Il sovrano rimase scioccato: la generosità dimostrata al suo popolo in tutti quegli anni non era servita a nulla.
“Allora, qual è l’essenza del buddhismo?”.
“Grande cuoco”.
L’imperatore lo fece buttar fuori dal tempio, e in quel momento il giovane monaco prese due decisioni: numero uno, avrebbe trovato una risposta migliore da dare quando gliel’avessero chiesto un’altra volta; numero due, avrebbe fatto meglio a imparare il cinese prima di parlare con qualche personalità importante. Voleva dire “grande vuoto”, ma aveva sbagliato vocabolo.
Sempre secondo la leggenda, Gaspare giunse alla caverna dove adesso sorgeva il monastero e si sedette a meditare, determinato a rimanere così fino a quando non gli fosse giunta l’illuminazione. Nove anni dopo scese dalla montagna e trovò la gente del villaggio ad aspettarlo con cibo e doni. “Maestro, vogliamo sentire i tuoi sacri consigli. Che cosa puoi dirci?” gridarono.
“Ho davvero bisogno di fare pipì” rispose lui. E con ciò la gente comprese che aveva raggiunto la mente di tutti i Buddha, o la “non-mente” come la chiamavamo noi.
Lo supplicarono e lo aiutarono a costruire il monastero nel luogo in cui sorgeva la caverna dove aveva raggiunto l’illuminazione. Durante i lavori furono attaccati molte volte da numerosi banditi e, sebbene Gaspare fosse convinto che nessun essere vivente dovesse essere ucciso, sentiva anche che quelle persone dovevano potersi difendere in qualche modo. Così meditò sulla questione fino a escogitare un metodo di autodifesa, basato su vari movimenti appresi dagli yogi nella nativa India, che insegnò agli abitanti del villaggio e a tutti i monaci che via via si univano a lui nel monastero. Chiamò la disciplina kung fu – che, tradotto, significa “metodo con cui dei piccoletti pelati possono atterrarti con dei calci”.
Il nostro addestramento cominciò con dei pali per saltellare. Dopo colazione, e dopo la meditazione mattutina, il monaco numero Tre – apparentemente il più vecchio – ci condusse nel cortile del monastero, dove trovammo una catasta di pali lunghi una sessantina di centimetri e con il diametro di una spanna circa. Ce li fece piantare lungo una linea diritta, a distanza di mezzo passo l’uno dall’altro. Poi ci disse di saltare su un palo con un piede solo e di rimanere in equilibrio. Dopo aver passato gran parte della mattinata a tirarci su dal ruvido pavimento di pietra, ci trovammo entrambi su un piede all’estremità di un palo.
“E adesso?” chiesi a numero Tre.
“E adesso niente. Rimanete così”.
Rimanemmo così. Per ore. Il sole attraversò il cielo e cominciarono a dolermi gambe e schiena. Continuavamo a cedere, solo per sentire le urla di numero Tre che ci ordinava di saltare di nuovo sul palo. Quando scese la sera, e avevamo trascorso diverse in equilibrio senza cadere, ci disse: “Adesso saltate sul palo successivo”.
Sentii Gesù sospirare profondamente. Guardai la fila di pali e intuii la sofferenza che avevamo davanti, se ci si aspettava che affrontassimo l’intera tortura. Gesù era dietro di me, in fondo alla fila, e sarebbe dovuto saltare sul palo su cui stavo io. Non solo sarei dovuto atterrare sul successivo senza cadere, ma mi sarei dovuto assicurare di non buttare giù il mio con lo slancio.
“Ora!” disse numero Tre.
Saltai e il palo mi scivolò via da sotto i piedi, così atterrai sulla pietra di testa. Vidi un lampo bianco e sentii una vampata di fuoco al collo. Prima che avessi il tempo di riprendermi, Gesù cadde su di me. “Grazie”, disse, felice di essere atterrato su qualcosa di morbido.
“Tornate su” fece il monaco.
Raddrizzammo i pali e vi saltammo sopra. Questa volta ci riuscimmo entrambi al primo tentativo. Poi aspettammo l’ordine su quello successivo. La luna si alzò più alta e piena nel cielo, e io e Gesù fissammo la fila di pali chiedendoci quanto tempo avremmo impiegato per arrivare in fondo, e per quanto ancora numero Tre ci avrebbe fatto restare lì, pensando alla storia di Gaspare che era rimasto seduto nove anni. Non riuscivo a ricordare di aver provato mai tanto dolore, e vuol dire molto se sei stato calpestato da uno yak. Stavo cercando di immaginare per quanto ancora sarei riuscito a sopportare la fatica e la sete, quando numero Tre disse: “Basta così. Andate a dormire”.
“E’ finita?” chiese Gesù, mentre saltava giù dal suo palo atterrando con una smorfia. “Perché abbiamo sistemato venti pali se dovevamo usarne solo tre?”.
“Perché pensare a venti pali quando potete stare in equilibrio su uno soltanto?”.
“Devo fare pipì” dissi.
“Esattamente” fece il monaco.
Eccolo qui, riassunto per voi: il buddhismo.>>
 
 
(Christopher Moore, “Il Vangelo secondo Biff, amico d’infanzia di Gesù”, trad. di Chiara
Brovelli, Roma, Lit Edizioni, 2014, pp. 217-19)
 

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